Va bene l’orgoglioso senso di appartenenza al ceppo basco, va bene la spinta dell’infuocato catino del nuovo San Mamés, che dal giorno dell’inaugurazione nell’agosto del 2013 ha registrato solo tre sconfitte interne tra campionato e Coppa del Re, ma se l’Athletic Bilbao ha conquistato il quarto posto della Liga alle spalle delle tre supercorazzate Atletico Madrid, Barcellona e Real, un perché di natura squisitamente tecnica deve pur esserci e, in effetti, c’è.
A dir poco competitiva, infatti, è la rosa, nonostante il vincolo autoimposto di pescare unicamente tra i talenti con passaporto autoctono, ma buona parte del merito va ascritto ad Ernesto Valverde, il tecnico che ha saputo rigenerare un gruppo che pareva svuotato dal tempestoso passaggio del santone Bielsa, restituendo al club, dopo 15 anni, la possibilità di disputare la massima competizione continentale.
LA GUIDA. Se l’anno scorso, una volta diagnosticata la ricaduta a Tito Vilanova, la prima chiamata partita dagli uffici blaugrana ha fatto squillare il cellulare di Ernesto Valverde, scena che si è ripetuta puntualmente una volta conosciuta l’intenzione di Gerardo Martino di abbandonare il Barça, qualche motivo deve pur esserci. L’ex esterno offensivo di Athletic e Barça, infatti, gode di una stima incondizionata nella penisola iberica per idee innovative e per la capacità di trarre il massimo da tutti i gruppi, anche con qualità oggettivamente limitate, con cui ha lavorato finora.
Non è un caso se l’allenatore, nato in Estremadura, ma trasferitosi precocemente con la famiglia nella basca Vitoria, è il candidato numero uno alla panchina della Selección che Don Vicente Del Bosque saluterà dopo il prossimo Europeo. Un esordio con il botto nella prima avventura alla guida dei leoni baschi all’inizio del nuovo millennio, conclusa con un sorprendente quinto posto, una finale di Uefa fratricida ceduta al Siviglia solo ai rigori con il disastrato Espanyol nel 2007 e la conquista di tre campionati e due coppe nazionali in Grecia con l’Olympiakos, il tutto raggiunto con un gioco dinamico e piacevole, spiegano il perché dell’ottima stampa di cui gode il tecnico in Spagna.
ESPERIENZA E GIOVENTÙ. Miracolo ripetuto anche a Bilbao, con la rigenerazione di un gruppo allo sbando, che negli ultimi anni ha perduto pure i pezzi pregiati Fernando Llorente e Javi Martinez, ma che con una regolarità disarmante ha raggiunto fin dal giro di boa della Liga 2013/14 la quarta piazza, difesa strenuamente fino al fischio finale del torneo. Risultato ottenuto con un 4-2-3-1 tutto corsa e verticalità, che vede nel rodato e reattivo portiere Gorka Iraizoz l’ultimo baluardo e nell’unico terminale offensivo, Aritz Aduriz, l’arma d’offesa più temibile. Tra i due estremi di una squadra compatta e battagliera, un affiatato mix di esperienza e temerarietà giovanile, per una rosa che registra un’età media di 26 anni e mezzo e un undici base rimasto pressoché inalterato rispetto all’anno scorso, ad eccezione del gioiellino Ander Herrera volato a Manchester, tra le braccia accoglienti di Luis Van Gaal, in cambio di 36 milioni di euro. Non si sono mossi, però, gli altri campioncini, ad iniziare dall’ambitissimo Aymeric Laporte, per proseguire con i tre trequartisti tutto talento Iker Muniain, Ibai Gómez e Markel Susaeta, senza dimenticare i centrocampisti Iturraspe e Mikel Rico. L’erede di Herrera, tra l’altro, già da un annetto bazzica per la cittadina sportiva di Lezama. Si tratta di Beñat Etxebarria, 4 presenze in Nazionale, tornato alla base la scorsa estate, dopo le prove da applausi con il Betis. Dopo il passaggio a vuoto della scorsa stagione, Valverde scommette di recuperare la miglior versione del suo fantasista tascabile.
A meno di una settimana dalla sfida d’andata dello spareggio Champions con il Napoli, un Athletic Bilbao apparso più imballato rispetto all’esibizione vincente di Moenchengladbach non va oltre il nulla di fatto contro l’Olympiacos di Míchel, che tra gli altri schiera il neo acquisto Abidal.
Il caloroso omaggio del pubblico di casa al tecnico dei baschi, Ernesto Valverde, che alla guida dell’Olympiacos conquistò tre scudetti e due coppe di Grecia, apre la torrida serata del “Georgios Karaiskakis”, dove gli iberici si presentano con la casacca verde da trasferta e con una formazione molto simile a quella che calpesterà il prato del San Paolo, il 19 agosto. L’unica sorpresa, nel collaudato 4-2-3-1, è l’impiego del vivace diciottenne Unai López, sulla trequarti, al posto dell’atteso Beñat. Partono forte i greci, che ci provano subito con Salino, ma con il passare dei minuti guadagnano metri gli ospiti che sfiorano il vantaggio con una volée da fuori di Ibai Gómez, alta di un nulla, e con un tiro eccessivamente incrociato di Mikel Rico. L’occasione più ghiotta, però, la spreca l’ellenico Maniatis, con una capocciata che manca lo specchio. Non si respira e, al 30’, ecco il time-out in stile Mundial.
ORA IL NAPOLI. Nella ripresa i prossimi avversari del Napoli si ripresentano con una formazione rivoluzionata, affidata ai tempi lucidi del subentrato Beñat. Il ritmo è più intenso e Guillermo ed Ibai si fanno notare per un paio di tentativi. Il più pericoloso, prima del secondo time-out del match, è però Kolovos, che impegna seriamente il sempre reattivo Iraizoz. Gli ultimi a provarci sono Guillermo e Susaeta, ma il risultato non si schioda dallo 0-0. Va bene così, l’Athletic ora si concede un giorno di pausa. Da domani, sui prati di Lezama, si penserà solo al Napoli.
OLYMPIACOS (4-2-3-1): Roberto (1’st Megyeri); Leandro Salino (1’ st Kasami), Papadopoulos (1’ st Botía), Abidal, Masuaku; Maniatis, Samaris; Dossevi, Chori Domínguez (1’ st Elabdellaoui), David Fuster; Diamantakos (16’ st Saviola). All. Michel.
ATHLETIC BILBAO (4-2-3-1) : Iraizoz; Iraola, Gurpegi (33’st Etxeita), Laporte (1’ st San José), Balenziaga (1’ st De Marcos); Iturraspe (19’ st Morán), Mikel Rico (1’ st Aketxe); Ibai Gómez (19’ st Viguera), Unai López (1’ st Beñat), Muniain (1’ st Susaeta); Aduriz (1’ st Guillermo). All. Valverde.
Fonte: Cds
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