In una società governata dalla comunicazione, ed in cui persino la realtà è mediata dalla rappresentazione globale che se ne dà, è pericoloso sottovalutare il potere di un’immagine, di un ricordo distorto che fa torto ad una storia, spesso, fino a raccontarne un’altra.
Provate a chiudere gli occhi e a ricordare il secondo scudetto del Napoli. C’è da scommettere che la maggioranza di voi ha fissa nella mente l’immagine di Alemao a terra, colpito da una monetina e la conseguente vittoria a tavolino a favore dei partenopei. Forse, con un piccolo sforzo ancora, i più allenati di voi ricorderanno la “fatal Verona” in cui cadde il Milan di Sacchi e le tre espulsioni di cui fu vittima (tra gli espulsi anche il grande allenatore di Fusignano). Due ricordi che assieme tracciano il canovaccio di una storia in cui degli episodi controversi ribaltarono le sorti del campionato a favore del Napoli, regalando ai tifosi del azzurri la gioia del secondo scudetto. Una gioia, però, adombrata dal dubbio dell’inganno. Avrebbe potuto continuare a giocare Alemao? Giusto assegnare la vittoria al Napoli? Il Milan è stato penalizzato colpevolmente nella partita di Verona? Una serie di domande cui la poca cultura sportiva del nostro calcio e la naturale attitudine degl’italiani alla dietrologia ci rende avvezzi.
Tante domande per ricostruire una verità mai esistita. Gli eventi di quel campionato, liberati dalle approssimazioni che il tempo impone, raccontano una storia profondamente diversa. La stagione 1989/90 vide il Napoli comandare la classica per larghissima parte, superato solo il 25 febbraio dal Milan di Sacchi, e giungere al famoso testa a testa finale e al famigerato episodio della monetina. Un campionato che la squadra napoletana, guidata per il primo anno da Albertino Bigon (papà dell’attuale direttore direttore sportivo azzurro Riccardo), si aggiudicò con pieno merito. Nelle 34 partite previste dal calendario il Napoli riuscì a vincere per ben 21 volte, realizzando il record di minor numero di sconfitte subite (4), conseguendo il miglior attacco (a pari merito con il Milan) con 59 reti realizzate e la terza miglior difesa con solo 31 goal al passivo. Numeri che dovrebbero bastare, da soli, a legittimare un successo sfiorato anche nelle due stagioni precedenti terminate al secondo posto. Eppure la memoria ha le sue regole e i suoi refusi. Occorre, a tal proposito, ricostruire i fatti con la precisione del contabile.
L’8 aprile 1990 si giocò la quartultima giornata del campionato, il Milan guidava la classifica con un punto di vantaggio sul Napoli. Gli azzurri erano impegnati nella trasferta di Bergamo con l’Atalanta, il Milan era di scena a Bologna. Le due partite al termine dei novanta minuti sentenziarono due scialbi zero a zero, cui fecero seguito, però, roventi polemiche.
Ad un quarto d’ora dal termine di Atalanta-Napoli una moneta da 100 lire lanciata dagli spalti atalantini colpì alla testa il centrocampista brasiliano Alemao. Il giocatore, pur accusando il colpo, negl’istanti successivi al fatto sembrò capace di continuare la partita, fino a quando il massaggiatore Carmando gli consigliò di stendersi a terra per le medicazioni (celeberrimo il suo “buttati a terra! Buttati a terra!”) e, successivamente, di farsi sostituire per essere trasportato all’ospedale di Bergamo per ulteriori accertamenti. Il giudice sportivo esaminò il ricorso presentato dal Napoli e assegnò, come da regolamento, la vittoria a tavolino alla squadra di Maradona. Il punto in più così conquistato valse l’aggancio al Milan, fermato sul pari dal Bologna. Una partita, questa, segnata non da una decisione disciplinare quanto da un marchiano errore arbitrale che negò nel finale un evidente goal agli emiliani, con la palla che oltrepassò la linea della porta milanista di mezzo metro, e assegnò – di fatto – un punto in più anche ai rossoneri. Un errore che però ricevette un’esposizione mediatica assai limitata rispetto ai fatti di Bergamo.
Il decisivo sorpasso ai danni dei milanisti il Napoli lo effettuò due settimane dopo, quando s’impose per 2 a 4 proprio sul campo del Bologna mentre il Milan veniva sconfitto in rimonta a Verona. La partita del Bentegodi visse momenti di tensione, con i milanisti che protestarono con l’arbitro Lo Bello per due presunti rigori non assegnati (revisionando le immagini il primo su Massaro pare inesistente, mentre Van Basten sembra essere effettivamente toccato in area). Le espulsioni di Rijkaard, Sacchi e Van Basten fecero cornice alla rimonta degli scaligeri e al dramma rossonero. Le vittorie nell’ultima giornata di campionato, rispettivamente, con Lazio e Bari, lasciarono il distacco tra Napoli e Milan a due punti e sancirono la conquista del secondo scudetto della storia del club partenopeo.
I numeri e le immagini risultano chiarire definitivamente che ciò che accadde nello stadio di Bergamo non influì decisivamente sulle sorti del campionato quanto sull’immagine che quello scudetto porta con sé. Pur rispettando formalmente il regolamento, giudico l’atteggiamento del Napoli in quella circostanza inopportuno e figlio di una cultura della furbizia che stride rumorosamente con i valori di lealtà sportiva che faticano ad affermarsi nel nostro calcio. Avrebbe giovato maggiormente al blasone di quella squadra bella e vincente evitare di presentare quel ricorso e lasciare che fosse esclusivamente il campo a rendere merito ai calciatori azzurri di una memorabile vittoria. Cento lire non varranno mai la storia del Napoli.
Di seguito la video ricostruzione di quella vicenda:
A cura di Pompilio Salerno
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