E il “vecchietto” dove lo mette? La trottola della difesa ha già capito tutto e in questo tour tra le retrovie, in centoquaranta partite, ormai non gli resta che fare il portiere. Aik-Napoli è la vetrina europea che dà un senso al Napoli-2, per il quale servono muscoli, esperienza e la saggezza di chi ne ha viste tante e altrettante vuole osservarne dall’interno: e allora, tocca ad Aronica, perché quando il gioco continua ad essere duro, servono i duri per restare a ballare.
Aronica, non è un “coppetta”…
«E nessuno lo ha mai sospettato. Il nostro atteggiamento è rimasto identico in qualsiasi competizione ed in ogni situazione: poi ci sono gare che ti vanno bene ed altre peggio e possono scapparci anche le sconfitte. Ma noi siamo qua per andare avanti…».
Sino a dove: la tentazione della finale è eccessiva?
«Si fa un passo alla volta e per il momento dobbiamo solo pensare a superare il turno. Anzi, per procedere gradualmente, bisogna uscire indenni da questo campo, nel quale è stata dura pure per il Psv. Gli svedesi sono diversi dall’andata, dinnanzi al loro pubblico si trasformano».
Rischiate ma quanto?
«Li abbiamo studiati, abbiamo osservato i filmati, ci siamo concentrati sui loro pregi ed anche sui difetti. Sappiamo che sarà un match complicato, nel quale garantire l’approccio giusto».
Quello che viene chiamato Napoli-2 può avvertire mancanza di stimoli adatti?
«Neanche per scherzo, perché questa è l’Europa League e le motivazioni le dà automaticamente. E poi chi veste la maglia del Napoli non può non sentire in ogni sfida sensazioni particolari. Per noi è così, per chiunque sia qui, in questo gruppo».
Magari un giovane…
«Chi ha un’età – per così dire – tenera, e soprattutto per chi viene da un altro paese, possono esserci difficoltà di inserimento. E il nostro compito è quello di agevolare il loro inserimento. Io so per certo, perché ci sono passato, che ogni nuova esperienza richiede tempo e pazienza. Poi vedrete che anche quelli che vengono chiamati ragazzi troveranno la loro dimensione e sapranno confermare le loro qualità. Ma se qualche gara è andata storta, non è stato per una questione di testa, sia chiaro: semplicemente ci possono essere umanissimi problemi. Però nel nostro caso, e lo sta dimostrando il campo, ciò non accade: siamo terzi in classifica in campionato, siamo qui a giocarcela per riuscire ad arrivare ai sedicesimi».
Aronica centrale: si può dire?
«Decide il mister, ovviamente. Io gioco dove lui vuole ed in queste stagioni Mazzarri ha pensato di utilizzarmi in varo spazi del campo: ho fatto l’esterno, ho fatto il terzo di sinistra. Spero e conto di essere in grado di far bene, di certo non mi fregherà l’emozione. Sono avanti con gli anni, ahimè».
Come si va avanti?
«Con un grande Napoli. E siamo tutti pronti affinché ciò possa succedere. Pur tenendo presente che le partite si giocano in due, che in campo ci sono gli avversari e che sarebbe un grave errore per chiunque pensare che l’Aik sia un avversario comodo. Le risposte fornite dagli svedesi in questa Europa League mi sembrano sufficienti a rimuovere qualsiasi dubbio sulla loro consistenza: hanno fatto male sono contro di noi….».
All’andata fu una passeggiata…
«Ma forse ci mettemmo qualcosa di nostro ed a loro non tutto andò bene. Ma poi hanno perso con il Dnipro dopo averli messi in difficoltà; hanno pareggiato in Olanda con il Psv e poi hanno battuto gli olandesi qui, sul loro campo. Noi non li sottovalutiamo: non è nostra abitudine farlo».
Una gara ogni due settimane rischia invece di togliere autostima?
«Chi gioca in Europa League non appartiene ad un altro club. Le etichette non le creiamo noi, che ci sentiamo tutti sullo stesso piano: è evidente che poi esistono giocatori di altissima levatura, e quello fa solo bene a noi. Ma non esiste la separazione tra Napoli-1 e Napoli-2. Le vittorie degli uni sono anche degli altri e così anche le sconfitte. Durante la settimana si fa lo stesso lavoro, Mazzarri spiega ad ognuno gli stessi schemi: vogliamo fare bella figura, far vedere che siamo in grado di procedere. Poi, se saremo così bravi da qualificarci, penseremo alle sfide che verranno. E questa sfida può sistemarci un bel timbro sul passaporto: ne siamo consapevoli».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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