Una firma vuol dire fiducia. E poi anche una promessa. Anzi, un sogno: « Vorrei chiudere qui la mia carriera». Eccolo qua, Salvatore Aronica detto Totò. Palermo-Napoli solo andata? Ma no, un ritorno ci sarà prima o poi. Ma ora è qui. Con la maglia azzurra sulla pelle e la città nel sangue. Sì che si vive bene, da queste parti: lo sa, lo sa benissimo lui. Lui che ormai è un alfiere dell’era De Laurentiis e che dopo un anno, un’estate dopo, esibisce fiero la vittoria della sua scommessa. La firma, dicevamo. Quella che mercoledì il difensore siciliano ha lasciato in eredità macchiando d’inchiostro il contratto di un anno più un altro confezionato in ogni suo dettaglio di forma e sostanza dal club: in fede, Salvatore Aronica.
LA SCOMMESSA – E allora, mancava soltanto un graffio di penna per raccontare ufficialmente cosa, come e quando: Aronica ha prolungato con tutti i crismi il contratto che lo legherà al Napoli ancora per la prossima stagione e poi per un’altra ancora (collezionando una serie di presenze già determinate nel numero). Resta e raddoppia. Raccoglie i frutti di un azzardo, di una scommessa lanciata un’estate fa tra risolini e facce strane, un po’ così, come a dire: ma sei matto? E invece no. Non fu matto Aronica, a rinunciare all’offerta dell’Atalanta e poi alla corte del Bologna. « Resto anche in tribuna, a fare il tifoso», sibilò Totò. Che, dopo un soffio di partite, diventa subito titolarissimo in campionato e anche in Champions. Vince lui.
LA VITTORIA – E di gennaio, cosa dire? Il 30 giugno è dietro l’angolo, il parametro è zero e dunque i vincoli non esistono più. E’ libero di decidere dove e come andare. Di optare, sfogliare la margherita, giocare e poi scappare. E invece? No. Altra scommessa, altra trattativa: vuole Napoli e il Napoli studia per lui. E tra una pausa e l’altra, piombano il Genoa, l’Atalanta ancora e soprattutto il Palermo: casa sua. Totò nicchia? Ma neanche un secondo: vuole l’azzurro e lo dice chiaro e tondo al suo manager, Alessandro Moggi. E alla fine l’ottiene. A modo suo. Ridacchiando felice e soddisfatto: un anno più uno, recitano le scritture legali. Efficaci, effettive a partire mercoledì. Il giorno della firma. Della seconda vita azzurra del picciotto diventato scugnizzo.
LA COPPA – Bene, detto questo e celebrato il momento – sottolineato anche dai compagni nella residenza del Pocho a Marechiaro, nel corso della festa di compleanno – non resta che chiudere il cerchio. Tra domenica e il 20 maggio, prima di salutare tutti e andare in vacanza con lady Caterina e i piccoli Giovanni e Greta, Aronica si giocherà la Champions e l’Italia sottoforma di Coppa. Un trofeo, quel che manca dalla sua bacheca: la sfida di Roma con la Juve, quella Juve in cui lui mosse i primi passi seri nel mondo del calcio professionistico, è il coronamento di una carriera bella e intensa. E la coppa calzerebbe come un Panama sulla testa di Hemingway: a perfezione.
L’ULTIMA – La passerella notturna con i bianconeri, d’accordo, ma anche l’ultima stagionale al San Paolo. Arriva il Siena e il Napoli dovrà giocare su tre campi: Fuorigrotta, Olimpico, Massimino. Casa, Roma e Catania: perché per sognare ancora bisogna regolare i toscani, sì, ma nel frattempo il Catania dovrà fare altrettanto con l’Udinese e l’Inter dovrà fermare la Lazio. Sognare fa rima con Champions, il top che Totò ha assaporato e che vorrebbe assaporare ancora. Ora può sperarci, può farlo sul serio: perché lui, azzurro, lo sarà ancora per un po’. E di certo, la voglia di vincere qualcosa è l’obiettivo grande che vale una firma lontano da casa.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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