Per l’anima mia!”, avevo incontrato Carletto Iuliano un mese fa alla festa di compleanno di Mario Zaccaria, nel corso della quale, come si era soliti fare ogni qualvolta ci si vedeva, non facemmo altro che parlare dei nostri due amori: il giornalismo e il Napoli. Aneddoti a volontà, dalle nottate trascorse nella redazione sportiva del “Roma” di Achille Lauro ai suoi oltre trenta anni al fianco di Corrado Ferlaino. Era come sempre gioviale, affabile, ironico al punto giusto, con quella sua tipica espressione sempre aperta a un sorriso coinvolgente, che mi parve solo per un istante atteggiata al serio nel confidarmi che cominciava ad avere qualche fastidioso acciacco. Presi la sua confessione come uno scontato “intoppo” anagrafico. Tutto avrei immaginato, tranne che quegli acciacchi, in pochi giorni, si sarebbero dimostrati fatali.
Scrivere oggi di lui, di Carletto Iuliano, della sua triste scomparsa, oltre a essere così assurdo, ingiusto, è una fatica impossibile; talmente è forte il dolore da impietrire ogni pensiero. Ma gli dobbiamo, gli devo questo ricordo, come tributo sincero di affetto al collega e all’amico, leale, generoso, e con il cuore a pezzi lo faccio, cerco di farlo, ripercorrendo una vita professionale che mi riporta indietro di tanti anni, quando io ero alle prime armi nella redazione del “Roma” e Carletto, terminato il suo turno all’Ansa, ogni domenica sera curava le ribattute delle pagine dello sport del “Roma”, dove collaboravano anche i fratelli Gilberto, il “professore”, con la sua puntuale corrispondenza da Casoria, e Vittorio, il “dottore”, impegnato nella stesura delle classifiche sportive, entrambi scomparsi appena un anno fa.
Il giornalismo era una conquista graduale e faticosa che imponeva passaggi obbligati e rigorosi, nessun salto. Noi fummo fortunati come giovanissimi “sherpa” al seguito di fuoriclasse del giornalismo sportivo, il fiore all’occhiello del “Roma” per l’autorevolezza di prestigiose firme che ne qualificavano la redazione. Un giorno davamo una mano alla segreteria sportiva, un altro aggiornavamo tabelle, tabellini, macinando sempre nuove esperienze, alla fine, dopo anni, raggiungemmo il nostro obiettivo. Carletto molto prima di me all’agenzia Ansa.
Ma a imporre e a segnalare degnamente e meritatamente Carletto come un collega prezioso, indispensabile nel mondo del giornalismo sportivo napoletano, e non solo napoletano, un riferimento ineludibile, fu il periodo della presidenza Ferlaino, coinciso con le maggiori fortune del Napoli grazie all’arrivo di Diego Armando Maradona. Egli allora fu tante cose insieme: addetto stampa, portavoce, confidente, consigliere, insomma primo collaboratore del presidente, per rigore, competenza, discrezione, lealtà. Valori purtroppo oggi in via di estinzione, che lo resero un personaggio di altri tempi.
Carletto è stato testimone di vicende delicate e difficili, di giorni gloriosi e anche meno gloriosi, conosceva aneddoti, curiosità che avrebbero fatto gola al mondo mediatico, ma lui non ha mai tracimato dal suo ruolo, onorando la professione e il suo ruolo di fiducia.
A volte nel sentirlo raccontare la storia di questi anni con ammiccamenti scherzosi mai pettegoli, ma sempre puntale e preciso nei ricordi, per il modo elegante con cui sapeva farlo, anche gonfiando la voce di una particolare enfasi, pareva quelle figure prestigiose di corte, che possono anche sostituire un sovrano senza suscitare sospetti per l’onestà e il senso del dovere congeniali alla loro natura.
Scompare con Carletto un grande amico, con il quale era sempre piacevole parlare: un prestigioso professionista, di cui ci ricorderemo onestà, passione, semplicità, tanti insegnamenti di vita.
Lascia nello sgomento la sua amata Anna, le sue dolce figlie Milena e Raffaella, la nipotina Laura, e i suoi tanti, tantissimi amici.
E io lo saluto con quel “per l’anima mia!”, esclamazione che lo caratterizzava ogni qualvolta interveniva per imporre la sua piacevole e scherzosa autorevolezza.
Fonte: Il Roma
La Redazione
M.V.
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