Come si vive la nazionale italiana dagli occhi di un napoletano? In questi giorni, con l’Italia impegnata negli Europei in Polonia e Ucraina, i partenopei osservano le gesta di Antonio Nocerino. Piace la sua personalità e il carisma tutto napoletano, ma nel passato della nazionale italiana ci sono stati altri partenopei illustri che hanno vissuto da protagonisti la storia dell’Italia. In particolare, c’è n’è uno che ha vinto il primo e unico europeo della storia, nel lontano 1968 (giocando la prima finale). Si tratta dell’indimenticato capitano, Antonio “Totonno” Juliano solo 18 presenze in nazionale ma ben 3 Mondiali vissuti in prima persona, anche se quasi sempre dalla panchina.
L’EUROPEO VINTO. Iuliano, una delle poche bandiere del Napoli, ha trascorso la sua carriera con la maglia azzurra partenopea (tranne una sola stagione al Bologna). Ma la sua storia è stata ricca anche con la maglia dell’Italia: Juliano esordì in Nazionale il 18 giugno 1966 a Milano contro l’Austria (1-0) e fu convocato tra i 22 che parteciparono al campionato del mondo 1966 in Inghilterra anche se non fu mai utilizzato. Fu quasi sempre schierato nelle partite di qualificazione al campionato d’Europa 1968, la cui fase finale si disputò in Italia, e fu proprio allo Stadio San Paolo di Napoli che giocò la semifinale di quell’edizione del campionato, contro l’Urss, il 5 giugno 1968. Fu in campo anche allo Stadio Olimpico di Roma il successivo 8 giugno nella prima delle due finali contro la Jugoslavia, quella terminata 1-1 che obbligò alla ripetizione, poi vinta 2-0 (nella quale fu tra coloro che non presero parte avendo giocato solo due giorni prima), che diede all’Italia il titolo di campione d’Europa.
IL “MITICO” 4-3 CON LA GERMANIA. Nel successivo campionato del mondo 1970 fu impiegato in una sola occasione, a Città del Messico, nei 16 minuti terminali della finale Brasile-Italia 4-1 in sostituzione di Bertini. Convocato per il campionato del mondo 1974 in Germania Ovest, non fu tuttavia mai schierato. Il suo 18º e ultimo incontro in Nazionale fu a Rotterdam il 20 novembre 1974, sconfitta 3-1 contro l’Olanda nel girone di qualificazione al campionato d’Europa 1976. Un europeo vinto, quindi, poi la mitica sfida del 1974 tra Italia e Germania (finita con lo storico 4-3) vissuta dalla panchina. Iuliano è pronto ad assistere alla sfida di domani, come tutti gli appassionati, ma per lui con emozioni uniche nel cuore: «All’Italia auguro la migliore fortuna, ce la può fare», dice Iuliano, che poi racconta la sua storia con la maglia azzurra. Quella di Juliano in azzurro era stata una carriera a dir poco incomprensibile: vi aveva esordito precocissimamente, grande giovane talento fra i grandi giovani talenti della sua generazione (Mazzola, Rivera, Bulgarelli, De Sisti: una “concorrenza” qualitativamente mai più ripetuta).
«L’ITALIA DEVE RILANCIARSI». Era poi stato prescelto per il rilancio azzurro del dopo-Corea nella Nazionale allenata da Herrera e composta per otto-nove undicesimi dal blocco dell’Inter. «Herrera mi diede la maglia e il ruolo che nell’Inter aveva Suarez, non so se mi spiego», ha raccontato al sito storie di calcio. Era ancora titolare sia nella semifinale che nella prima finale dei Campionati Europei del ‘68: ma nella finale-bis con la Jugoslavia, due nuove mezzali – Mazzola e De Sisti, più freschi – sostituirono lui e Lodetti. Non fu comunque una bocciatura. «E infatti quell’unico titolo europeo conquistato dall’Italia lo sento profondamente anche mio». Probabilmente sarebbe stato titolare in Messico, ma – come detto – l’adattamento ai 2000 metri di quota fu davvero ingeneroso col suo fisico di uomo di mare. Ancora una volta giocò la prima partita post- Mondiale (a Berna, nell’ottobre del ’70 contro la Svizzera); ancora una volta, per risparmiarvi quattro anni di racconti, venne convocato nei “ventidue” del Mondiale successivo, quello di Germania, appunto.
NAZIONALE DIFFICILE PER I NAPOLETANI. Ma allora, il fatto di giocare nel Napoli non era poi così punitivo se continuavano a chiamarti in Nazionale… «Beh, forse non ero neppure un cattivo giocatore: oggi si parlerebbe di playmaker. Avevo un discreto talento nel dettare i ritmi della squadra: ero un buon costruttore di gioco, tutti i compagni mi davano la palla e tutti sapevano che avrebbero ricevuto qualcosa di “migliore “. Un po’ come si fa, nella vita, con gli amici di cui ci si fida e a cui ci si confida, sapendo di poter contare sul loro appoggio e sul loro consiglio. Ma il mio Napoli, purtroppo, gli scudetti non li vinceva mai: anzi, spesso smobilitava le squadre migliori. Un anno vendette i suoi due campioni più forti, Zoff e Altafini, alla Juventus. Successe che arrivammo secondi: proprio dietro alla Juventus e proprio per “colpa “ di Zoff e Altafini che furono decisivi nello scontro diretto contro di noi. A queste condizioni che “vetrina” potevo avere io nel mondo del clan Juve, del clan-Inter, del clan-Milan, persino del nuovo clan-Lazio che era arrivato in Germania come fresco Campione d’Italia?».
TRE MONDIALI, UN PICCOLO RECORD. Ben tre mondiali, vissuti però soprattutto da professionista: ««Nel ‘66 Fabbri mi preferì Bulgarelli (e tanto di cappello a Giacomino, che era un fuoriclasse: ma se invece di mandarlo in campo con una gamba sola contro la Corea avessero impiegato me, forse le cose sarebbero cambiate)». Furono le ultime partite in azzurro del magico trio Mazzola-Rivera-Riva. E in effetti quello non fu un Mondiale, ma una tromba d’aria su una generazione di campioni. Solo Zoff sopravvisse: e così a lungo da diventare campione del mondo addirittura otto anni dopo.
ULTIMA BANDIERA AZZURRA. «Io dormivo proprio in camera con Dino» racconta Juliano. «Ero, come al solito, l’unico convocato del Napoli e così mi avevano abbinato a qualcuno che, perlomeno, nel Napoli ci aveva giocato. E anche qui non voglio essere malizioso, ma parlando di un mito e di un galantuomo come Zoff non c’è nulla di male a dirlo. Dino aveva esordito in Nazionale come portiere del Napoli: ma, in quanto portiere del Napoli, aveva poi perduto la maglia da titolare; salvo ritrovarla definitivamente come portiere della Juventus». E all’Italia di oggi: «Ce la possono fare, contro l’Inghilterra tutti abbiamo visto una bella partita, e il morale è alto».
Fonte: Il Roma
La Redazione
M.V.
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