Il campo di battaglia è un rettangolo verde che Antonio Gomez Perez riesce ogni volta che arriva il 90’ a spezzettare in decine di video. Classe ’73 (come lo è tutto lo staff spagnolo, Pecchia compreso), madrileno, è sposato con Ines ed è papà di Alejandro e Natalia.
Un maestro. Perché? «L’ho conosciuto nel settore giovanile del Real, lui era il mio allenatore e io un esterno alla Callejon. Mi incantava sentirlo parlare: tornavo a casa e mi appuntavo su un quaderno tutte le sue lezioni di tattica».
Come è cambiato Benitez? «È uno che insegue ancor di più la perfezione con metodi meticolosi e innovativi».
Il suo destino si incrocia spesso con quello di Rafa? «Debutto col Real in prima squadra, nel 1996 e contro c’è il Valladolid. Faccio un gol s-tupendo al mio esordio in Liga. Indovinate chi c’era sulla panchina avversaria?».
Benitez? «Proprio così. Gioco la seconda gara a Melida e faccio un altro gol. Neppure Di Stefano aveva segnato due reti nelle sue prime due partite. Valdano, l’allenatore, va via però e arriva Iglesias che decide di farmi fare il terzino. A fine anno vado al Valencia».
Quando incontra un’altra volta Rafa?«Ero con l’Albacete e lui viene con il Valencia in città. Lo vado a salutare sperando che si ricordi di me. Lui mi invita in camera mostrandomi il suo metodo per studiare i dati degli avversari con un programma che si chiama Amisco. È un generoso, non nasconde nulla a chi vuole imparare. Gli piace essere un maestro».
Amisco lo usa anche nel Napoli? «Certo. Ci sono due monitor, in uno si vede la partita mentre nell’altro c’è la riproduzione virtuale del match con le misure delle distanze tra i giocatori, il rispetto dei ruolo e così via. Preparo tanti video quanti sono i giocatori e a loro mostro quello che hanno fatto: passaggi, tiri, palle perse e recuperate. La partita io la seguo con un Ipad e quasi sempre in tribuna».
La gara perfetta dello scorso anno? «Due. Con Borussia e Juve».
fonte: Il Mattino
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