Napoli sperava in una spettacolare rimonta. Credeva in un piano, senza mai scoprirlo: vinciamo le sei gare del ciclo morbido a dicembre e gennaio, il 5 febbraio tiriamo quindi le somme con il Milan. I nove gol distribuiti a Genoa e Palermo, prima e dopo la sosta natalizia, gli avevano restituito gioco e autostima. La domenica più attesa svanisce nel grigiore dei rimorsi. Sprecato il favorevole ciclo, in un periodo senza gli stress di Champions. Fallita nel finale la partita della svolta, dopo un’ora di grande dignità. Il Napoli quando troverà mai un Milan così lento e disordinato? E quando capirà le cause del suo disastro in campionato? Per oltre un tempo ha spaventato il Milan. Ha mostrato personalità, coraggio tattico, e quanto gli era mancato nella scadente partita con il Cesena: la capacità di recitare da protagonista. È stato del Napoli il dominio del gioco, ha scelto il ritmo, si è contratto con ordine impegnando anche gli attaccanti nella fase difensiva, ha attaccato solo talvolta con le ripartenze, più spesso con la più autorevole pressione. Un Napoli finalmente ritrovato: questa la percezione. Perfetta la difesa a tre stavolta, perché protetta a breve distanza da un esemplare Gargano e da un disinvolto Dzemaili, poco più avanti in pressing basso il concorso di un generoso e mobile Cavani, di Lavezzi e Hamisk. Ben messo in campo, anche grazie agli esterni: Maggio che fila a destra per contenere i furori di Nocerino – ieri tra i peggiori – e intimorire Antonini, a sinistra Zuniga contro Abate. In questa rete così stretta ma elastica s’impigliano Emanuelson e Seedorf. Balbetta Robinho, che sbatte contro Aronica. Tutto il Milan porta palla, è lento con Van Bommel, macchinoso con Seedorf. Ha una sola idea di gioco: raggiungere Ibrahimovic che a sua volta dovrebbe concludere e smistare corto in area. Non lo temono Cannavaro né Campagnaro, a volte interviene lo sbrigativo Aronica: s’intravede sempre più agitato il codino goffo di Ibra come la cima dell’albero di una barca in avaria. Proprio lui determina suo malgrado la svolta. Sferra un perfido ceffone ad Aronica nascondendo mano e braccio dietro la sagoma di Nocerino. L’espulsione dovrebbe cambiare la partita. La cambia. Deviandola però in favore del Milan. Sono letteratura ormai le scelte tattiche in questi casi. Allegri ridisegna il Milan in un saggio 4-4-1. Ci si aspetta dal Napoli la contromossa che dia un brivido. Un segnale di convinta superiorità. No, il Napoli lascia ancora per un po’ la difesa a 3 (troppo per il solo Robinho) e non modifica nulla. Nessuno si accorge che il Napoli abbia uno in più. Il primo cambio dovrebbe accentuare il potenziale offensivo, magari un mediano in più e un difensore in meno. L’utile Dzemaili per vivacità di proposta cede invece 11’ dopo il posto a Inler, pari ruolo. Sarebbe stato forse meglio escludere Campagnaro per Inler, spingere più spesso Dzemaili in avanti senza sbilanciare la squadra. E subito difesa a 4, ovvio. A nove minuti dal termine entra finalmente Pandev, accanto allo svogliato Lavezzi, per nulla eccitato da Milano, e all’appannato Hamsik. Con Vargas che malinconico osserva la squadra dei suoi sogni. Il Napoli, specialista in finali, sciupa stavolta la mezz’ora fatale per vincere. La sfida con il Milan degenera nella più quieta bicchierata in osteria. Altra opportunità fallita. Il decimo pareggio fa saltare i conti: il Napoli ha 31 punti in 22 partite, media inferiore all’1.5, una dozzina meno dello scorso anno, è ancora settimo ma raggiunto dal Palermo, sfiorato da Fiorentina e Genoa. Quattro pareggi e una sconfitta nelle ultime 5 partite, ha preso quindi 4 punti su 15. Giuste le proteste per il gol annullato a Pandev mercoledì scorso, ma queste cifre sviliscono il dossier sugli errori arbitrali. Un lampo d’ira che stende solo un velo sulla verità: il Napoli ha buttato all’aria mezzo campionato.
Fonte: Antonio Corbo per Repubblica
La Redazione
A.F.
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