Il coraggioso Napoli ancora più della opaca Juve rende un servizio al calcio. Dimostra che il campionato sopravvive ai suoi gravi dissesti. Sommerso di debiti, non si ferma per non affondare in palesi e insopportabili conflitti di potere. Sentir dire che bisogna ridurre gli spazi di intervento delle Asl, vuol dire subordinare l’autorità sanitaria agli interessi scoperti della Lega di serie A, lo Stato ad un consorzio di società, la funzione pubblica all’arroganza privata. Peccato che a sostenerlo a poche ore da Juve-Napoli sia il dirigente dell’Inter che forse vincerà lo scudetto, peccato che a Beppe Marotta non abbia replicato Aurelio De Laurentiis o qualcuno del Napoli ricordando il verdetto del Collegio di Garanzia del Coni quando il 22 dicembre 2020 furono rimesse in ordine le gerarchie dei poteri, compresi quelli di Asl e Lega. Il diritto alla salute non può soccombere alla legge dello spettacolo, incasso compreso. Straordinario il carico pubblicitario venduto su larga prenotazione da Dazn per Juve-Napoli, prima notturna di lusso alla riapertura. Costretto a giocare, nel caos dei regolamenti, il Napoli infila in campo anche i tre giocatori segnalati dall’Asl 2 di Napoli, ma dopo la garanzia dei tamponi negativi. Rrahmani , Lobotka e Zielinski. Tre che saranno protagonisti. Importante è incassare, quindi giocare, se la Lega Pro si può fermare la lega di A fa valere senza arrossire l’esigenza di proseguire nonostante il Covid. Così diverge dal comune sentire. Ma tira avanti. Il Napoli obbedisce ma non vende l’anima al Covid, né la sua dignità. Nel primo tempo aggiunge al gol di Mertens, ispirato da Insigne con il concorso di Politano, il pregio del migliore palleggio, tutto in velocità, contro una Juve che non si ritrova subito. Stenta in Rabiot e Bernardeschi, il mediano sinistro e l’esterno destro che non danno ad Allegri la richiesta forza demolitrice sulle fasce. I due, giustamente sostituiti, trovano ostacoli massicci sulla sinistra juventina in Di Lorenzo, sull’altro versante nel bentornato Ghoulam, che splende all’inizio contro Bernardeschi, ha un calo di mezz’ora, poi si riprende bene. Sfondare sulle fasce era l’unico espediente per annullare il dominio del Napoli al centro, con gli ordinati Lobotka e Demme a sostegno di un ispirato Mertens e di Insigne, che porta con furore sul campo la sua fascia, il suo carisma di leader. Quando si dice, una bandiera. Avrà tempo per incassare milioni di dollari canadesi, nella sfida con la Juve non per perde un attimo, un passaggio, un assist per dimostrare la lealtà alla maglia. Il disagio del Napoli, dopo gli insulti del Covid, si evidenzia intorno all’ora di gioco, quando l’insidioso Chiesa dalla sinistra continua a convergere con diagonali offensive, trovando l’opposizione di un più che sufficiente Di Lorenzo. Sfugge ad un pur lucidissimo Lobotka e Chiesa afferra l’1-1. Niente di più. La Juve ha già operato 5 cambi (Bentancur Dybala, poi De Sciglio e Kean, ultimo Kulusevski) quando dopo Elmas per Politano il Napoli finalmente fa riposare Mertens inserendo Petagna, e alla fine Lobotka con Zanoli. Piccoli interventi per dare respiro al Napoli che al Covid aveva dato abbastanza, senza perdere mai decoro e coraggio. È la Juve che esce dalla sfida in una irrisolta convalescenza.
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