Era il primo novembre: sessantadue giorni fa; o anche: dieci partite fa; oppure: novecento minuti (recupero escluso). Era Napoli-Roma e fu una festa, perché in quel calcio verticale (e anche orizzontale), e tra le pieghe d’uno spettacolo invitante, palla a campo largo, da Higuain a Callejon e furono otto. C’era una volta: e poi chissà sia accaduto, se ci abbia messo del suo la sorte, se sia soltanto fatalità, se umanamente sia tutto (estremanente e naturalmente) lecito e se ciò sia anche inevitabile e magari indispensabile, se debbano esserci anche per un bomber le stagioni – l’estate e poi l’autunno e a seguire il rigido inverno – o se invece, assai più semplicemente, si sia soltanto fermato il cronometro, che aspettava d’essere ricaricato biologicamente.
PARTENZA LANCIATA. La vita (talvolta) è una palla avvelenata: ma fino al primo novembre e a quel Napoli-Roma, sembrava proprio un’altra storia e Callejon fu il principe azzurro. Dieci partite (di campionato) ed otto reti, tra doppiette (all’Inter) da perdersi dinnanzi allo specchio e veroniche (al Genoa) da incantare, tra prodezze effimere (la zampata al Palermo) e graffi letali (il tap in al Sassuolo), tra un destro ed un sinistro, affinché non ci fossero dubbi sulla competenza.
LA ROJA. Era scritto, dunque, che finisse in Nazionale, e si leggeva ovunque, in casa ed in trasferta, ed ormai da un anno e passa: venti gol nella sua prima, (quasi) irripetibile stagione. «Ma io spero di segnarne almeno una in più stavolta, perché mi piacerebbe battermi e perché significherebbe aver aiutato il Napoli a far qualcosa di importante». Fatto, com’era logico che succedesse: il 7 novembre è la «roja» ed il 15 è il debutto (contro la Bielorussia), ignaro della metamorfosi ch’è appena cominciata.
L’ECLISSI. Di Callejon è statisticamente accertato, è tatticamente ingiustificato (fa quello che faceva prima), è tecnicamente inaspettato (perché l’uomo è rimasto eguale), è serenamente attraversato, nonostante ne siano capitate persino a Doha: l’occasione a tu per tu con Buffon, che fino al trenta ottobre sarebbe andata diversamente; o il rigore nella sequenza ad oltranza. E dunque: dov’è finito Callejon è un mistero, perché il bomber parte (come allora) alle spalle dell’ultimo difensore e taglia il campo come deve e calcia a modo suo e sceglie i tempi giusti e punta dritto al cuore della questione.
DUE MESI. E’ chiaro: che Callejon sia finito in quel tunnel (invisibile) che magicamente (forse perfidamente?) riesce ad inghiottirti ma dal quale poi si emerge, rimanendo fedeli al proprio modello di calcio, aggrappandosi alle (sane) abitudini del recentissimo passato, guardandosi dentro però senza macerarsi più di tanto e sapendo che pure un anno fa dovette fronteggiare una «crisetta» personali di dimensioni quasi indentiche: accade tra il quindici dicembre (gol all’Inter) e il nove marzo (1-0 alla Roma), con in mezzo una sola rete in quelle dieci partite (di campionato). Però poi arrivò la coppa Italia (doppietta all’Atalanta) e ci fu il modo per distrarsi. Palla a Callejon…
Fonte: Il Corriere dello Sport
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