Interviene nella Redazione de “Il Corriere dello Sport” l’ex attaccante del Napoli e attuale dirigente dell’Udinese Andrea Carnevale sul momento degli azzurri e su quello dei friulani.
Andrea Carnevale, come nasce l’idea del libro «I codici della vittoria»?
«Il mio amico Pierluigi Grande conosce molto bene la mia storia e cinque anni fa mi propose di scriverla. Ho raccontato il mio percorso di vita, le difficoltà incontrate con la perdita in circostanze drammatiche dei genitori e il sogno realizzato di diventare calciatore. Più che una biografia è un racconto a sfondo psicologico. Un messaggio rivolto ai bambini che si innamorano del pallone. Anch’io ho cominciato in mezzo alla strada, fino ad arrivare quel 10 maggio a vincere il primo scudetto napoletano. Sono riuscito a realizzare un sogno, anche se nella vita ho sbagliato, pur senza aver fatto mai del male a nessuno, e mi sono sempre rialzato da solo. La forza che ho trovato dentro di me deriva dalle difficoltà che ho incontrato da ragazzino. Ora sono sereno e posso far capire ai giovani che si avvicinano al calcio che si può sbagliare e ripartire».
Oggi lei è il responsabile tecnico dell’Udinese dei miracoli. Eppure ha scelto di vivere lontano dai riflettori ai quali era abituato negli anni d’oro di calciatore.
«Lavoro dietro le quinte, sono molto operativo. Sono a capo di una struttura ben organizzata, con 40 osservatori in giro per il mondo. Coordino, non mi piace essere protagonista, ma questo non vuol dire che mi sono rassegnato a un ruolo di secondo piano. Mi piace il ruolo che mi sono ritagliato in 11 anni a Udine. Prima affiancando Gerolin e da cinque anni da responsabile. Mi fido degli osservatori, ma vado ancora in giro anch’io».
Il vostro fiore all’occhiello è stato Sanchez.
«Ce ne sono tanti di ragazzi che abbiamo lanciato. Sanchez è quello che ha dato più visibilità alla società. Dal Cile al Barcellona, ha fatto un grande salto. Lo scoprimmo grazie a un lavoro di equipe, non c’è una persona sola che ha avuto il merito di portarlo a Udine. Lo abbiamo pagato 3 milioni e rivenduto a 26, più 11 di bonus… ».
Quale giocatore ha scoperto lei?
«Handanovic. Lo vidi a Longarone con la Nazionale di C. Prese tre gol e non fece neppure una parata. Ma mi piacque subito il suo stile. Con i nostri preparatori è cresciuto tanto. E’ un lavoratore, si applica. E’ pronto per un grande club».
Il calcio italiano è in ansia per lo scandalo scommesse.
«Una brutta storia. Pensavo che ci si fermasse agli anni ‘80. Non riesco a pensare che un calciatore affermato che non ha problemi di soldi possa finire in questa vicenda. Fior di professionisti che scommettono… Sono disgustato, spero che questo male venga debellato. Anche se prima di dare giudizi bisogna essere cauti. Lo scandalo scommesse allontana i tifosi dagli stadi, già la crisi ci travolge tutti».
Lei ha giocato nel grande Napoli di Maradona. Cosa prova a rivedere gli azzurri in Champions League?
«Arrivai giovanissimo dall’Udinese. Non volevo andare al Napoli, ma alla Roma. Ero tifoso. Mi convinse il presidente Mazza. “Tu sei matto, potrai giocare con Maradona”. Mi sono reso conto chi è Diego. Il più forte di tutti, in assoluto. Pelè viene dopo. Diego è anche una grande persona. Ancora oggi, quando lo rivedo, provo soggezione. Eppure è stato un amico vero. Il Napoli oggi è una grande realtà, mi sta sorprendendo. In Champions sta facendo grandi cose, mi sembra di rivivere i miei tempi, con lo straordinario entusiasmo della gente. Ci sono molte analogie, tra noi e Lavezzi, Cavani e Hamsik. Trascinano la squadra come facevamo noi, che in più avevamo Diego. Ma il Napoli di oggi non è solo loro tre».
Maradona ha manifestato l’intenzione di tornare in Italia.
«So che a Dubai sta molto bene, è sereno e questo mi rende felice. Provo ancora affetto per lui. Rivederlo è sempre un’emozione».
L’altro suo grande amore è stato la Roma
«Sì, un amore non completamente corrisposto. Ero arrivato con i migliori propositi, pur lasciando quella che era all’epoca la squadra più forte, il Napoli. Avevo firmato il contratto con il grande presidente Viola e con Mascetti, ho mantenuto la parola data. Ero già in Nazionale, era l’anno del Mondiale in Italia. Giocare all’Olimpico per me era il massimo. Poi cambiò società e le cose andarono diversamente. Anche in Nazionale girò storto, a favore di Schillaci. Lui e Baggio fecero grandi cose, niente da dire. Non riuscii a sfruttare le occasioni che mi si presentarono e mi sfuggì un’imprecazione contro Vicini. Fui bloccato da quella cazzata e fu un grande dispiacere».
A quell’episodio e al caso Lipopill si riferisce quando racconta i suoi errori nel libro?
«Sì, ho sbagliato e ho pagato, anche duramente. Erano le prime sentenze sportive di quel genere, volevano dare il segnale di una punizione esemplare. Fermarsi per un anno a 31 anni non è stato facile. Ma anche in quel caso sono ripartito. Un errore che non rifarei mai. Ora ho la fortuna di stare dietro la scrivania in una grande società. Ti rendi conto tardi degli errori. Quando un calciatore riesce ad esprimersi ad alti livelli per 15 anni lo ammiro. Penso a Zanetti, Del Piero, Baggio: hanno avuto sempre comportamenti esemplari. Io voglio dare un contributo ai giovani con la mia esperienza, aiutarli a non sbagliare».
Che impressione ha della Roma di oggi?
«All’inizio era ottima. I giocatori che ha li avrei presi anch’io: Borini, Pjanic, Kjaer. Ma negli ultimi tempi sto vedendo che incontra difficoltà nella fase difensiva. I gol che prende non sono da Roma. Ma ha le potenzialità per finire tra le prime 4».
E l’Udinese dove può arrivare?
«Ci siamo salvati con largo anticipo… Avevo detto che Spalletti avrebbe fatto grandi cose anche a Roma e non mi ero sbagliato. Oggi dico che Guidolin è un altro tecnico straordinario. Ha grandi capacità. I giocatori lo ascoltano. Guidolin è da grande club, ma ce lo teniamo stretto».
Domani siete impegnati in Europa League
«L’AZ è di gran lunga superiore al PAOK, non sarà facile. Ma siamo convinti di andare in Olanda e fare un buon risultato».
Oggi Di Natale è il più forte attaccante italiano?
«Non c’è dubbio. Lo metto al livello di Baggio, Totti e Del Piero. Gli ultimi talenti di un calcio che non c’è più. A Udine sta bene, è adorato dalla società, resterà anche quando smetterà di giocare. Vorrebbe fare il mio stesso percorso. E’ un ragazzo che viene dalla strada, fa molta beneficienza, mi permetto di dirlo perchè lo conosco».
Il suo futuro è sempre Udine?
“Dieci anni fa quando sono tornato qui ho trovato la mia dimensione. Mi sono costruito una vita tranquilla. La mia famiglia è a Roma, con Paola (Perego – n.d.r. ) e Lucio (Presta – n.d.r. ) siamo amici, c’è quasi una famiglia allargata. Stiamo spesso insieme. Lucio lo stimo per come tratta i miei figli e al suo fianco ha una donna che merita. In vecchiaia tornerò a vivere a Roma, ma non penso di lasciare l’Udinese».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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