André Cruz, ex difensore del Napoli, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni de Il Mattino: “Oggi ho un doppio lavoro: il primo è quello di marito e papà. Cerco di stare il più possibile con la mia famiglia: ho due bimbe. Poi faccio il procuratore di alcuni ragazzi in Brasile e poi faccio anche l’intermediario per curare trattative in Cina, Giappone e Portogallo. Ho iniziato a giocare a calcio fin da piccolo, anche perché in Brasile è lo sport numero 1, anche se allora non c’era la visibilità di oggi. E poi quando vedono che hai delle qualità, ti spingono a insistere. Ho iniziato da attaccante esterno. Poi, siccome correvo tanto, mi hanno messo a centrocampo nel classico ruolo da numero 10. Un giorno, infine, mancava un difensore e mi hanno provato lì. Andò bene e non mi hanno mai più spostato. Per fortuna avevo una buona tecnica e quindi anche come difensore ho sempre avuto la possibilità di uscire bene palla al piede e segnare tanti gol. Perché poi, diciamoci la verità, la gente si ricorda di te per quelli. La prima cosa che ci vuole per battere i calci di punizione è la tecnica, e quello non è certo un segreto. Poi, ovviamente, ci vuole tanto allenamento. Io, ad esempio, mi fermavo sul campo tanto tempo dopo gli allenamento con la squadra. Il mio modello era Zico. Per calciare bene le punizioni ci vuole tanta concentrazione. Perché sai che durante la partita potresti avere anche una sola occasione da fermo e devi sfruttarla al meglio. Sono legatissimo a Napoli e a questa terra che ha per me dei ricordi unici. Sono stato a Ischia di recente, ho degli amici che hanno casa e quando giocavo andavo molto spesso da loro. In questo periodo c’è stato un evento con un club di tifosi e sono ritornato con piacere. Napoli è una città particolare, bellissima. Mi ha sempre impressionato il traffico. Scherzi a parte: il clima è unico e poi il popolo napoletano è meraviglioso, molto simile a quello brasiliano. Napoli è una città che mi ha sempre affascinato per la sua storia e mi è sempre piaciuto visitarla. Ogni volta che torno noto che ci sono dei cambiamenti e a me piace sempre molto. Il nostro Napoli non aveva certo i soldi di quello attuale. E anche noi giocatori non avevamo gli stessi stipendi, ma eravamo ugualmente una buona squadra. Il nostro unico problema era quello della rosa un po’ corta: se qualcuno si faceva male, andavamo in difficoltà. Nonostante tutto, però, abbiamo fatto dei buoni campionati e io ho lasciato dei bei ricordi. Soprattutto per i gol che facevo su punizione. Sono stati tre anni indimenticabili. Il ricordo più bello era l’ambiente sereno in campo e fuori. Ci facevamo delle bellissime mangiate al ristorante con gli amici. E poi anche le uscite in centro per la città. Tutto mi è rimasto dentro ed è per questo che mi fa sempre piacere tornare a Napoli. Mi è rimasta nel cuore. Il ricordo più brutto è legato all’ultimo anno. Perché avevo male all’adduttore e la squadra andava così così. Pur di giocare ero sempre stato sotto infiltrazioni e antiinfiammatori. Speravo mi togliessero il dolore, ma non c’era verso. Arrivammo anche in finale di Coppa Italia contro il Vicenza, ma nella gara di ritorno non riuscii a giocare, perché non stavo bene. Rimpianti? Mi sarebbe piaciuto vincere con il Napoli. Ex compagni? Con Pecchia ci siamo visti due anni fa quando allenava il Verona: sono andato a trovarlo e abbiamo parlato tanto. Sono rimasto in contatto anche con Milanese, Tarantino e Altomare. Recentemente sono stato alla Juve da Filippo Fusco e lì ho ritrovato anche Baldini. In Brasile mi sento con Beto e Caio“.
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