E’ morto nella sua Monticiano (Siena), dopo una lunga malattia, all’età di 64 anni, l’ex calciatore Carlo Petrini, attaccante degli anni Sessanta e Settanta cresciuto nelle giovanili del Genoa e consacratosi nelle file del Milan di Rocco, con cui vinse una Coppa dei Campioni nel 1968-1969, e del Torino, con cui si aggiudicò la Coppa Italia nel 1970-1971. Successivamente vestì le maglie di Catanzaro, Ternana, Roma, Verona, Cesena e Bologna. Nel 1980 fu coinvolto nello scandalo del calcioscommesse, subendo una squalifica di tre anni e sei mesi amnistiata dopo la vittoria dell’Italia al Mondiale del 1982.
Dopo aver chiuso la carriera nel calcio a metà degli anni ottanta si dedicò agli affari, gestendo per qualche tempo una propria società finanziaria. Dopo un iniziale successo, l’attività fu compromessa dall’accumulo di debiti nei confronti di usurai e dal coinvolgimento dell’ex calciatore in un giro di cattive conoscenze. Per sfuggire ai creditori abbandonò l’Italia e si rifugiò in Francia, dove visse per alcuni anni nel completo anonimato.
Le cronache tornarono a occuparsi di Petrini nel 1995, allorchè il diciannovenne figlio Diego, morente per un tumore al cervello all’ospedale “Galliera” di Genova, lanciò un appello attraverso i media, chiedendo di poter rivedere il padre, di cui non aveva notizie da ormai sei anni. Diego, promettente calciatore, morì senza aver rivisto Petrini, il quale aveva deciso di non tornare in Italia.
Su questa triste vicenda Petrini scriverà più tardi un toccante libro di poesie, dopo il suo definitivo ritorno in Italia nel 1998. Nel 2000 Petrini pubblicò la sua autobiografia, intitolata “Nel fango del dio pallone” (Kaos Edizioni), in cui narrò in prima persona fatti e trascorsi nel mondo del calcio. In particolare, il libro denunciò la pratica del doping che già negli anni Sessanta-Settanta era dilagante: Petrini scrisse di esservi ricorso più volte con la complicità dei medici sportivi, ma è l’intero sistema-calcio che nel libro viene messo sotto accusa, con le partite già decise in anticipo dalle stesse società, i pagamenti in nero, l’estrema bassezza morale del calciatore tipo. Successivamente Petrini pubblicò un altro libro intitolato “Il calciatore suicidato”, dove indagò in prima persona sulla misteriosa morte di Donato Bergamini, calciatore del Cosenza, ritrovato morto nel 1989 sulla Statale 106, presso Roseto Capo Spulico.
Ha pubblicato altri sei libri, l’ultimo dei quali è intitolato ‘Piedi nudi’, uscito nel 2010. Ha abitato fino alla fine dei suoi giorni nella natia Monticiano ed è stato affetto da una grave forma di glaucoma, che gli ha procurato la quasi completa cecità dell’occhio sinistro e la seria compromissione del destro. A detta dei medici che lo hanno curato nel corso degli anni, sottoponendolo a ben cinque interventi chirurgici, la malattia potrebbe essere stata correlata all’assunzione dei tanti farmaci dopanti e no, avvenuta durante la carriera di calciatore.
Fonte: Repubblica.it
La Redazione
M.V.
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