“Siamo al secondo anno consecutivo nei play off e scusate se è poco!”. L’orgoglio del popolo rossonero sta in questa affermazione che va avanti come un mantra da venti giorni, all’indomani della vittoria sulla Pro Vercelli che ha consentito matematicamente la partecipazione agli spareggi. Per il Sorrento la serie B potrà diventare realtà il prossimo 10 giugno, al secondo tentativo. Lo scorso anno fu il Verona a spezzare i sogni rossoneri, forse riaffermando la crudezza di un destino che aveva già deciso per tutti. Il Sorrento, infatti, il suo campionato lo aveva archiviato molto tempo prima di quel 5 giugno in cui i gialloblù riuscirono a staccare allo stadio Italia il pass per la finalissima con la Salernitana. Scarichi nella testa e fiacchi nelle gambe, divisi come un drappello pronto a consegnarsi al nemico nel mezzo di una guerra lunga ed indecifrabile, e con una guida tecnica (quella del Professor Gianni Simonelli) che aveva smarrito credibilità ed autorevolezza agli occhi dei suoi stessi allievi: in quest’atmosfera di smobilitazione i rossoneri si erano cimentati contro un Verona in fase ascendente sia per i risultati ottenuti sotto la gestione Mandorlini sia per una condizione atletica suprema. E lo avevano fatto senza l’apporto di Paulinho, messo ko un mese prima da una frattura scomposta all’omero del braccio sinistro. L’esito non poteva non essere catastrofico. Ma da domani sarà un’altra storia. Si sono avvicendati tanti attori e semplici comparse e l’aria non è più cancerogena come un anno fa. Agli spareggi, intanto, il Sorrento si presenterà con tutti gli effettivi a disposizione, senza il trauma di defezioni eccellenti. Con la rabbia giusta, le motivazioni rampanti che solo un uomo come Ruotolo può instillare e l’apporto di un pubblico pronto all’ennesimo abbraccio senza condizioni. Probabile, quindi, il sold out. Del resto c’è da onorare un patto non scritto che non è stato messo in discussione neanche nei periodi turbolenti di questa stagione. Che ci sono stati, ed anche a scadenza regolare. Double-face l’ultimo campionato del Sorrento, autoritario nel girone d’andata e irritante nella seconda parte del torneo, vittima di un viscido blocco mentale causato dall’addio forzato alla vetta, su cui aveva piazzato la bandierina il Gubbio di Torrente. Quest’anno, invece, i costieri hanno attraversato più fasi negative, uscendone sempre da gladiatori e da uomini veri, mai disposti a cedere di un millimetro. E infatti sono stati almeno due i periodi di criticità che hanno segnato l’annata rossonera: il primo intercorso tra il pari di Viareggio (era il 6 novembre) e la sconfitta a Vercelli prima di Natale (costata la panchina a Sarri), il secondo tra lo stop di Foligno (4 marzo) e quello nello scontro diretto col Carpi due settimane dopo. Una minicrisi che aveva messo a rischio l’accesso alle semifinali, diventato quasi impraticabile dopo il misero punticino rimediato in trasferta con la Tritium e la contemporanea vittoria del Benevento che operava il sorpasso in classifica. In sostanza, questo bruttissimo calo di tensione aveva fatto dilapidare ben sette punti di vantaggio sugli Stregoni in altrettante giornate. Adesso c’è da superare lo scoglio Carpi, una squadra costruita in estate certamente per respirare l’ebbrezza dell’alta quota ma senza l’obiettivo impellente dei play off. Gli emiliani restano tuttavia un team molto temibile, un po’ perché hanno condotto il campionato con una certa regolarità, un po’ perché vantano il miglior attacco del girone A (46 gol totali, gli stessi del Benevento) pur non avendo bucanieri particolarmente pericolosi. Tant’è che, al termine dei giochi, i migliori marcatori biancorossi sono rimasti il promettente centrocampista Memushaj, stellina albanese ex Paganese, e il giovanissimo attaccante ex Varese, Eusepi, entrambi autori di otto reti. Segno di un’organizzazione di gioco chirurgica che riesce a mandare in gol quasi tutti gli interpreti dell’orchestra di mister Notaristefano, Concas in primis. Tutto ciò è anche il frutto prelibato di un organico ideato dal ds Cristiano Giuntoli tenendo conto del giusto mix di esperienza (Gabriele Cioffi in difesa è una garanzia assoluta) e gioventù necessario per mantenersi competitivi ad alti livelli. Va ricordato, poi, che il ritorno si giocherà al “Cabassi”, il bunker ritrovato dopo lo spostamento forzato a Reggio Emilia. Il Sorrento di oggi, però, non può temere nessuno, anche per la qualità tecnica superiore del proprio gruppo. Per un pizzico di imprevedibilità persa a centrocampo con la partenza di Togni, se ne è guadagnata quantomeno una maggiore solidità, considerate le caratteristiche di Camillucci, Zanetti e Niang, cursori ed incontristi puri. E davanti, i numeri del “Cobra” Ginestra non hanno fatto rimpiangere l’era Paulinho. Va da sé che il gioco proposto dai rossoneri non sia stato sempre spumeggiante, sia sotto la gestione Ruotolo sia con Sarri, che fosse improntato sul 4-2-3-1 del trainer toscano o sul 4-4-1-1 (raramente derogato con una difesa a tre) praticato attualmente. Sullo sfondo, comunque, resta la problematica stadio. Una vicenda antica, più che decennale, mai risolta per l’inettitudine di una consistente fetta bipartisan della politica locale che ha sempre guardato con snobismo e diffidenza al rilancio del pallone in città. Tuttavia si è giunti al momento del redde rationem: a prescindere dalla categoria che il Sorrento disputerà, l’impianto di via Califano non sarà disponibile per gare ufficiali a partire dall’estate, nonostante sia passato negli anni, e con feroce regolarità, per la tagliola di sempre nuovi ed imprevedibili adeguamenti. Anche per questa ragione, alla fine, ha prevalso il senso di responsabilità di chi si è sempre battuto affinché i lavori di riqualificazione dello stadio Italia fossero realizzati. E’ così che la Soprintendenza ha dato il via libera al progetto approvato dal Comune e che prevederà, come imposto dalle nuove normative, un quarto settore, l’allargamento del terreno di gioco, un nuovo impianto di illuminazione orizzontale e verticale e la costruzione di una nuova Tribuna Centrale più capiente e dotata finalmente di copertura. Previsti anche lo spostamento sul lato opposto delle panchine, la rimozione totale dell’intero manto sintetico e il rifacimento della Curva Nord, casa della tifoseria rossonera. Il tutto finalizzato a portare la capienza totale dagli attuali 3600 posti ad almeno 5-6mila. Tuttavia l’inghippo più scivoloso sta nel trovare i 5 milioni e 500mila euro necessari per dare il via libera ai lavori. Il sindaco Giuseppe Cuomo si dice ottimista ed immagina di poter procedere agli appalti entro l’inizio dell’estate. Dalle stanze dei bottoni, però, nulla trapela in tal senso e c’è grossa incertezza sulla reperibilità di questa cifra. Le storiche titubanze di settori della politica sorrentina non è che poi inducano in parte dell’ambiente sentimenti di fiducia assoluta. Un fatto è certo: da agosto, il Sorrento sarà costretto a fare le valigie e ad emigrare per almeno i primi 5-6 mesi, destinazione incerta. Un trauma già vissuto dai tifosi ai tempi della D, quando, a turno, San Prisco, Terzigno e S.Anastasia ospitarono per due anni le gare casalinghe della squadra dell’ex presidente Tonino Castellano. Altre epoche, altri obiettivi. Qualcosa in questi anni è cambiato e la città pretende adesso ciò che gli è dovuto. Ci ha preso gusto e non vuole rinunciare a diventare grande. Pretende a giusta ragione il rispetto delle promesse da parte di quei personaggi della politica che hanno assicurato un futuro tangibile e non nebuloso per il calcio in Penisola. Ma ora c’è il Carpi alle porte, la prima tappa di una lunga staffetta che darà la possibilità di raccogliere il testimone di quel Sorrento che, nel 1971-72, si giocava la permanenza in B mancando la salvezza soltanto per un inizio di campionato sciagurato. Era il Sorrento dello “sceriffo” D’Alessio e di “Pal ‘e fierr” Bruscolotti, quello che in una calda notte d’agosto umiliava il Napoli di Zoff in Coppa Italia al San Paolo con una prodezza di Bozza. Inizia il mese della passione e delle speranze per una città che si ritrova a stringersi come una vera comunità, che vuole rigenerarsi in un’ipnosi collettiva in cui un amore superiore dà alle relazioni ed ai legami un valore più alto e nobile. E’ un appuntamento con la storia, di quelli che sarebbe maleducato disertare.
A cura di Stefano Sica
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