Una delle poche certezze al mondo è che il calcio non è una scienza esatta. Squadroni milionari che franano al cospetto di neopromosse sufficientemente motivate, guru della tattica in crisi di fronte ad una giocata inaspettata, o ancora carneadi dall’invidiabile score di cinque gol in carriera che segnano la rete della vita proprio contro la squadra del cuore (i tifosi del Napoli potrebbero scrivere un libro su tale argomento). E forse, anzi sicuramente, il calcio è bello per questo. Ma accanto a tanta indecifrabilità c’è un modello, assunto quasi a teorema, che rasenta quasi la perfezione: quello del Borussia Dortumund. Attenzione però a quel “quasi”. Si, perchè anche una squadra all’avanguardia sia dal punto di vista tecnico-tattico che da quello societario ha, come dire, qualche neo. Nulla a confronto dei mastodontici errori commessi in campo e fuori dal 99% delle società italiane. Ma in fondo può far piacere sentire che anche dalle parti di Dortumund sono umani.
Stiamo parlando dell’errore commesso con Marco Reus, talento classe ’89, uno dei giovani attaccanti più forti del panorama calcistico europeo, lasciato partire da Dortmund ancora 17enne per poi essere ricomprato a quasi 20 milioni. La sua storia può, con le dovute proporzioni, essere paragonata a quella di Giovinco. Entrambi cresciuti in club di prestigio, entrambi costretti ad emigrare per poter affermarsi ad alti livelli, ed entrambi ricomprati a peso d’oro. Certo tra i due casi c’è comunque una profonda differenza. Adesso Reus è un pilastro del Borussia ed è stabilmente nel giro della nazionale tedesca, mentre Giovinco, pontificato da più parti come erede di quel mostro sacro di Del Piero, è finito a far compagnia a Llorente sulla panchina della Juve. Ma torniamo a Reus. Cresciuto nelle giovanili del Borussia vi rimane fino all’età di 17 anni. Successivamente non gli viene offerto il contratto da professionista ed è costretto a ricominciare addirittura dalla RegionalLiga (l’equivalente della nostra Lega Pro). Qui viene tesserato dal Rot Weiss Ahlen dove continua la sua crescita prima nell’U17 e poi nell’U19. Qui, complice anche la fiducia che non era riuscito a trovare a Dortmund, riesce a mettersi in mostra, tanto che l’anno successivo viene spesso e volentieri impiegato in prima squadra, dando il suo contributo alla promozione dell’Ahlen in Bundesliga 2. Dopo una stagione in cadetteria arriva finalmente la grande occasione. Un altro Borussia, quello di Monchenglandbach (clicca qui per leggere la sua scheda prodotta nella nostra rubrica talent scout del 29 Maggio 2011). Appena ventenne si mette in mostra grazie a 37 gol in tre stagioni, tanto da riuscire a portare i renani fino ai premilinari di Champions. Ad è proprio grazie alle sue prestazione che a Dortmund si “riaccorgono” di lui. Ci vogliono ben 18 milioni per convincere il M’Glandbach a cederlo. Forse qualcuno di sarà domandato perchè sia stato lasciato partire con tanta fretta, forse qualcun altro penserà ancora di aver fatto la scelta giusta. Sta di fatto che quest’errore è un evento più unico che raro in un calcio attento ai giovani come quello tedesco. Un’interessante storia, mostrata per poterne attingerne l’unicità, la singolare pecca in un sistema calcistico giovanile all’avanguardia, costruito su lavoro, competenza e soprattutto fiducia (anche se nei confronti di Reus ce ne è stata ben poca). Una vicenda che invece da noi, come testimonia il caso Giovinco, è la norma, mentre ai vari Insigne, Florenzi, De Sciglio spetta il ruolo di mosca bianca in un calcio italiano sempre più nero.
Giancarlo Di Stadio
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