Sono “i santi della porta accanto”, così Papa Francesco ha definito medici, infermieri e infermiere nell’omelia della Messa in Coena Domini del Giovedì Santo, celebrata nella basilica di San Pietro. Uomini e donne che, servendo, hanno dato la vita. E pensare che c’è anche personale sanitario che, risultato positivo al test del Covid-19 e posto in isolamento, s’è visto decurtato lo stipendio. Accade nella già martoriata Lombardia, dove per altro non tutti gli operatori ottengono la possibilità di sottoporsi a tampone. Medici che, ammalandosi e combattendo per tornare in forze (e in servizio), hanno dovuto constatare l’amara sorpresa in busta paga. La denuncia dell’ingiustizia, sulla base di prove documentali, è dell’Anaao Assomed territoriale che adesso chiede a Regione Lombardia di intervenire tempestivamente.
Qualche giorno fa il sindacato medico italiano lombardo, insieme a dirigenti del Servizio sanitario regionale, aveva sottoscritto una lettera indirizzata ai vertici della Sanità locale denunciando la mancata sorveglianza sugli operatori sanitari sintomatici al Covid-19. Già da una nota del 3 aprile, i sindacati chiedevano che fosse aperta una pratica per infortunio sul lavoro per ogni operatore positivo, come previsto dall’Inail, al fine perciò di ottenere idonea certificazione dell’avvenuto contagio. Piuttosto che trovare soluzioni per quanti sarebbero risultati positivi al test del Coronavirus, alcuni si sono visti diminuire il compenso come dimostrato da TPI da questi documenti a corredo. Prendendo in esame la retribuzione di un medico la cui testimonianza è stata resa anonimamente, sono riportate le date attinenti a una decurtazione stipendiale di oltre 250 euro (532,44 da detrarre ai 786 di importo unitario) per il mese di marzo 2020.
“Dalla busta paga si può evincere la diminuzione, mentre dall’elenco timbrature può leggersi la ragione. Hanno considerato il periodo di isolamento per via del virus in parte come ‘infortunio’ e in parte come ‘malattia’: qualcosa di assurdo. Stando al documento, l’infortunio comincia dal giorno di effettuazione del tampone (venerdì 13 marzo) al giorno della negativizzazione (giovedì 26 marzo), nonostante il collega sia rientrato la settimana successiva, quando per fortuna è riuscito a rialzarsi; Invece la “malattia”, si legge, è riferita ai giorni precedenti e successivi al supposto infortunio. Tutto ciò non ha senso”, spiega a TPI Stefano Magnone, Segretario di Anaao Assomed Lombardia. “Ma soprattutto, quest’applicazione è illegale” prosegue il Segretario, che è anche chirurgo presso l’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. “Con il decreto del 2 marzo, la malattia correlata al virus, per un dipendente pubblico, è considerata come un ricovero ospedaliero, perciò non è soggetta ad alcuna decurtazione”.
“Medici e dirigenti sanitari, da eroi e martiri sono già diventati dei ‘decurtati’. In barba alle leggi dello Stato e in barba al buonsenso e alle circolari Inail” ribadisce Magnone, che conclude. “Siamo a fianco dei colleghi dall’inizio della guerra contro il virus e certamente non siamo disposti in alcun modo, dopo i pericoli da carenza di dispositivi e da assenza di linee guida, a tollerare anche affronti sullo stipendio. È molto probabile che altre segnalazioni simili arriveranno da più aziende ospedaliere”. Così il medico, mentre si fa sterminato e impietoso l’elenco dei camici bianchi caduti nel corso della pandemia di Covid-19. L’ultimo, il centonovesimo all’11 aprile 2020, è Gaetano Portale, ex primario di chirurgia generale a Maniago, in Friuli-Venezia Giulia. Sono invece 28 gli infermieri morti dopo aver contratto il Coronavirus sul luogo di lavoro, 6 i farmacisti, 5 gli autisti-soccorritori e un infermiere del sistema d’emergenza territoriale 118.
fonte: tpi.it
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