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Amore Napoli: nel 2012 un milione di tifosi al S. Paolo

Così parlò Bellavista: e il San Paolo, a modo suo, l’esclama ad alta voce. «Nu milione». Si scrive Napoli e però si rilegge novecentoventiseimila e quattrocentonovantuno volte, come un atto di fede che va oltre l’immaginazione: dodici mesi tutti assieme e assai appassionatamente, in uno stadio (fatiscente) usato a mo’ di culla, sfidando il freddo e il gelo e però senza mai smettere, perché il calcio è (anche) vita.
Benvenuti a Fuorigrotta, lo spicchio di terra felice che non trasdisce mai e che in un anno solare ha messo assieme gli abitanti d’una intera città in preda al delirio di massa.

LO SHOW – I numeri non mentono mai e novecentoventiseimila spettatori ribadiscono la sontuosa capacità d’aggregazione d’una folla che quasi non ha eguali, la forza trascinante d’una tifoseria a cui andrebbero aggiunti – nel consuntivo di fine 2012 o anche d’avvio 2013 – i trentamila piovuti da ogni angolo del Paese per la finale di Coppa Italia a Roma oppure quelle onde anomale che sistematicamente riempiono i settori riservati agli ospiti nelle trasferte stagionali. Canta Napoli e lo fa a modo suo, regalando uno spettacolo dietro l’altro in campo e fuori, mostrando la sua superba presenza attraverso statistiche da capogiro.

SORPRESA – E voi l’avreste detto che il Siena, alla fine, avrebbe battuto il Chelsea? Succede e non c’è macchia, non c’è errore: c’è l’effetto Coppa Italia che il 21 marzo del 2012 spinge una partita qualsiasi a rimettere in ordine le gerarchie di una annata trionfale ovunque. Finisce 2-0, quella sera, e vale l’approdo all’Olimpico, per sfidare la Juventus: ma ai botteghini c’è un dato stordisce ed è rappresentato dai 56mila 418 spettatori paganti, circa cinquemila in più della folla da incasso record con il Chelsea.

MINIMO – Poi ci sono gare che «abbattono» la media: c’è, a esempio, un Napoli-Psv che non interessa a nessuno, neanche alle squadre in campo (azzurri già qualificarti per i sedicesimi, olandesi già eliminati) e quella sera, per scansare almeno il gelo (e l’amarezza d’una sconfitta) ne andarono «appena» in 9.434, in teoria un san Paolo vuoto ma in realtà l’ennesima conferma che c’è uno zoccolo duro incapace di resistere al richiamo.

DA APPLAUSI – Poco meno di un milione di persone al San Paolo, per le ventisette partite di campionato, coppa Italia, Champions o Europa League fanno soprattutto una media di 34mila spettatori, nella quale entrano anche i sedicimila con l’Aik, i diciottomila con la Dnipro, dunque le gare che ridimensionano gli effetti speciali d’una Napoli stregata a prescindere ed alla quale solo la manifestazione Continentale ha scatenato pruriti contenuti. Ma per sottolineare una volta di più la concretezza d’una folla straripante, basta dare un’occhiata agli incassi complessivi, che toccano i 18 milioni di euro e che rappresentano una voce fuori dal corso rispetto alla tendenza nazionale d’uno sport che appare economicamente in crisi.

PRIMATI – E pensare che nel conteggio non c’è la Juventus, né la Roma, che portano gente: e allora, tra le italiane (in campionato), la squadra che maggiormente attrae resta il Milan, per il quale si muovono in massa; però i 51mila che hanno assistito alla sfida con il Catania, nel finale della passata stagione, esprimono il desiderio enorme di regalarsi la Champions, per continuare a vivere da grandi. In sintesi, per spiegare cosa significhi il San Paolo: quattro volte i presenti sono arrivati oltre i cinquantamila e per ben sette volte oltre i quaranta ed i trentamila, sotto la cui soglia si è scesi soltanto tre volte. In Europa League e con il Bologna in Coppa Italia non si è sfiorato neppure il tetto dei ventimila, caso praticamente rarissimo. E se ci fosse una struttura più accattivante, per non dire accogliente? Il miracolo del San Paolo s’è compiuto egualmente: nu milione…

Fonte: Il Corriere dello Sport

La Redazione

M.V.

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