Per Edi Palermo è stato il trampolino, per Amauri il punto più alto del suo rendimento. Là è nato il filo che unisce i due bomber sudamericani. Carvalho de Oliveira Amauri a Palermo era un re: giunto su esplicita richiesta di Guidolin nell’anno in cui Zamparini osò sfidare le grandi per un posto in Champions.
Era il 2006/07, la Juve era in B, il Milan penalizzato: i rosa provarono a fare il salto di qualità costruendo una squadra capace di lottare per le prime piazze. Progetto realizzato per i primi tre mesi, nei quali il Palermo contese all’Inter il primo posto in classifica, trascinato da un Amauri semplicemente strepitoso. Poi l’antivigilia di Natale a Siena, il patatrac. Il brasiliano si scontra con Manninger e si infortunia ad un ginocchio. La diagnosi è impietosa, rottura del legamento crociato, stagione finita. Il Palermo non troverà soluzioni alternative e calerà vistosamente, fino a chiudere al 5° posto. Guidolin non ha mai avuto dubbi:
«Quell’anno, se non si fosse fatto male Amauri, saremmo andati in Champions». Il tempo di guarire e il numero 11 torna quello di prima. Nella seconda stagione siciliana (2007/08), segna 15 gol, alcuni dei quali (la doppietta che mette ko la Juve ad esempio) autentiche prodezze. Il suo futuro è segnato, andrà via perchè è il suo momento, le grandi lo chiamano e Zamparini non può più trattenerlo. Ma nel frattempo in quel Palermo cresce piano piano un ragazzino con la faccia da indio che impara dai mostri sacri che trova davanti a sè in attacco: oltre ad Amauri, anche Miccoli. Si chiama Edinson Cavani ed ha già fatto vedere cosa sa fare. Per trovare posto, Edi si adegua a mutare abitudini e va a giocare anche sulla fascia, sfruttando la sua facilità di corsa. E’ acerbo ma fortissimo. Amauri, qualche giorno prima del suo addio ufficiale, lo chiama in un angolo dello spogliatoio e lo proclama suo erede. «Sarai tu il nuovo Amauri di Palermo» gli dice convinto. L’investitura è ufficiale, il testimone del gol è consegnato. Cavani ci metterà un po’ ma, in coppia con Miccoli, regalerà un altro campionato di vertice al Palermo prima di esplodere a Napoli. Amauri invece non troverà più l’incanto di quei giorni in cui aveva stregato il Barbera. A Torino partirà benino (nella prima stagione 12 gol in campionato e 2 in Champions, uno dei quali al Real Madrid), poi si perderà nelle nebbie di una squadra al di sotto delle aspettative. Fino a dover quasi “fuggire” per rilanciarsi a Parma, dove è tornato adesso, dopo un altro tentativo poco felice a Firenze.L’Amauri più bello è ancora quello visto a Palermo, quando era una furia della natura tanto da portare i Ct azzurri (prima Lippi, poi Prandelli) a volerlo in nazionale. Altra avventura che però si è esaurita senza troppi sorrisi.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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