In un mondo in cui tutto cambia a velocità vorticosa, in cui mutano i rapporti sociali ed economici tra le persone, tra gli stati, le classi sociali ed i blocchi economici il calcio si è dimostrato un settore economico ( tale è ormai da considerarsi il “mondo del pallone”) impermeabile ai mutamenti, tanto da far proprio, con un volo pindarico che mi permetterete, lo spirito che segnò la restaurazione “per far sì che nulla cambi, bisogna che tutto cambi”. Proverò a corroborare tale tesi con qualche numero.Degli ultimi 38 campionati la Juventus e le due milanesi se ne sono aggiudicati 29 ( 8 l’Inter, 7 il Milan e 13, più uno revocato, la Juventus) la sciando gli altri 9 a sole sei squadre ( 2 la Roma, 2 la Lazio, 2 il Napoli e 1 a testa per Torino, Verona e Sampdoria). L’analisi diventa ancora più impietosa se si riduce l’analisi agli ultimi 18 anni. Dal campionato 1991/92 solo le due squadre capitoline sono riuscite nell’impresa, mai più ripetuta, di strappare lo scudetto alle tre grandi d’Italia. Un sistema dominato da sole tre squadre lo si immagina come statico e sempre uguale a se stesso. Niente di più sbagliato. Negli ultimi due decenni il mondo del calcio ha subito una rivoluzione sia sul piano regolamentare che su quello strutturale. Una contro-rivoluzione che non ha cambiato il sistema di potere nel calcio ma l’ha, invece, rafforzato e strutturato attraverso il sistema dei diritti televisivi e la creazione della Champions League. Prendiamo come spartiacque le stagioni 1992/93 e 1993/94, proprio gli anni in cui nacque la nuova formula della massima competizione continentale (nel ’94 l’UEFA poté anche rivederne il format per adeguarlo alle richieste delle tv a pagamento che avrebbero elargito ricche somme per i diritti a trasmetterla) e la nascita, in Italia, dei diritti televisivi in chiaro e del contratto tra la Lega e TELE+ per la trasmissione degli anticipi e dei posticipi di serie A. Un fiume di soldi che avrebbero di lì a poco scavato u solco tra le squadre che partecipavano alla Champions e le altre che ne erano tenute ai margini.Il sistema è drammaticamente semplice.Primeggiare nel campionato nazionale assicura rilevanti introiti ( premi, diritti televisivi ed eventuali incassi da sponsor e incassi allo stadio), ai quali si aggiungono i corposi ricavi della Champions ( diritti televisivi e premi). Tali capitali creano una disparità in sede di mercato tra chi può spendere ingenti somme e chi non può. Disparità economica che si tramuta in disparità tecnica con i giocatori più forti attirati dai grandi club che possono assicurare ingaggi più alti e palcoscenici più prestigiosi.Ad aggravare questi già foschi scenari c’è poi il dubbio che, in presenza di progetti tecnici validi e a basso costi, logiche di tutela dei blocchi di potere intervengano a “risistemare le cose”.Eppure c’è stato un tempo in cui era plausibile pensare che lo scudetto non fosse un affare da sbrigare sull’asse Milano-Torino. Napoli-Sampdoria ci offre l’occasione di ricordare la stagione in cui nel calcio italiano ( e non solo) prendeva piede questa rivoluzione.A scorrere le formazioni di quel Napoli-Sampdoria di quel 3 novembre 1991 risulta semplice cogliere i segni di due grandi squadre avviate ad un lento declino.La Sampdoria campione d’Italia in carica vantava nella rosa fior di calciatori come Pagliuca,Lombardo, Cerezo ed i gemelli del goal Vialli e Mancini. Il Napoli rispondeva da par suo con alcuni protagonisti del suo recente passato di successi: Galli, Ferrara,De Napoli,Zola e Careca. Proprio questi ultimi due firmarono il successo del Napoli nella sfida del san Paolo. Affermazione resa meno rotonda solo dall’autorete del difensore francese del Napoli Laurent Blanc. Quella stagione fu per entrambe le squadre il punto più alto nella storia recente dei club. Il Napoli terminò quella stagione al quarto posto dietro Milan, Juventus e Torino, mentre la Samp sfiorò l’impresa di vincere addirittura la Coppa Campioni. Sogno spezzato solo dalla velenosa punizione di “rambo” Koeman al 109esimo minuto della finaòle di Londra tra Sampdoria e Barcellona. Storie di un calcio che non c’è più. Storie di un calcio che vorremmo tornare a raccontare.
Vi proponiamo il video con le reti di quella sfida:
Pompilio Salerno
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