Napoli-Parma è una partita che non stuzzica la fantasia dei tifosi e non richiama alla memoria alcuna epica sfida. Non si sono che sfiorate l’epoche d’oro delle due compagini, con il Napoli che dilapidava l’eredità dei fasti maradoniani e l’esuberanza del Parma di Callisto Tanzi che si apprestava a scalare le gerarchie del calcio italiano e continentale. Eppure, il valore della memoria risiede proprio nell’insegnamento che sa dare, nel monito che sa fornire a chi si appresta ad affrontare il futuro. Questo il senso che diamo alla scelta di oggi per la nostra rubrica “Amarcord”.
Il 24 aprile 1994, per la penultima giornata di campionato, allo stadio San Paolo era di scena la sfida con i ducali dei rimpianti ex Zola e Crippa. Napoli-Parma era anche l’ultima apparizione casalinga di Ciro Ferrara, costretto, per il dissesto finanziario in cui versava la società, a lasciare il Napoli per approdare all’odiata Juventus, dove avrebbe ritrovato proprio Marcello Lippi, allenatore di quell’ultimo Napoli “europeo”.
La partita con gli uomini di Scala, vincitori della Supercoppa europea e prossimi a disputare la loro seconda finale di Coppa delle Coppe, sembrava avere un finale già scritto, con il Parma dei suoi ex illustri non intenzionati a rovinare la rincorsa UEFA del Napoli e con la testa già alla finale di Copenaghen. L’incontro seguì fedelmente il “copione” che le circostanze sembravano suggerire. Il Napoli s’impose 2 a 0 con le reti di Buso, bravo a realizzare dopo aver superato in velocità l’intera difesa del Parma-apparsa in realtà un po’ distratta-,ed il sigillo finale proprio di Ferrara che salutò i suoi ormai ex tifosi con la rete della sicurezza.
I due punti con gli emiliani rimandarono il discorso qualificazione alla gara spareggio con il Foggia di Zeman. La vittoria in trasferta degli azzurri, goal di Di Canio, sancì il sesto posto finale ed il ritorno in Europa.La direzione dell’arbitro Nicchi,pronto a sorvolare su ben tre episodi dubbi in area partenopea, apparse alquanto benevola nei confronti della squadra di Lippi.A fine gara ci fu la grande prova di maturità del tifo pugliese, pronto ad applaudire le due squadre, e dell’allenatore boemo che evitò ogni polemica circa l’arbitraggio in una partita che negò il sogno coppa Uefa alla sua squadra.Segno che la signorilità la si dimostra nella sconfitta e non nel trionfo.
L’esito di quella, pur vittoriosa, stagione deve far riflettere sulla necessità e l’importanza di una gestione societaria solida e lungimirante.
La scellerata gestione del dopo-Maradona portò la società in una situazione debitoria che non si riuscì a sanare nemmeno con le cessioni di alcuni pezzi pregiati. Nemmeno gli introiti della qualificazione in Coppa UEFA fermarono l’emoraggia di campioni. Dopo i già ricordati Zola e Crippa, a fine stagione lasciarono il Napoli Ferrara e Lippi; l’anno seguente Daniel Fonseca, 31 reti in 58 presenze in campionato, fu ceduto alla Roma per venti miliardi ed il cartellino di Benny Carbone.Nel 1995 fu la volta di un giovane e promettente Fabio Cannavaro, ceduto-ancora al Parma- per risanare le casse societarie.
Ricerca di un acquirente, debiti, stipendi non pagati, calciatori lanciati e poi inevitabilmente ceduti ed un Napoli relegato ai margini del calcio italiano non erano un incubo ma la realtà di quegl’anni.
Calciatori come Zola, Ferrara e Cannavaro tenuti fuori dal giro della nazionale fino a quando non si accasarono a squadre più competitive erano la conferma della dimensione di provinciale di lusso che il Napoli assunse in quel periodo. Quella gestione criminosa non aveva ancora dato, però, i suoi frutti più velenosi. Vennero la retrocessione in B, il fallimento e l’onta della serie C, mai conosciuta in passato.
Tutto ciò dovrebbe far riflettere i molti detrattori del Napoli d’oggi ed aiutare a definire meglio il limite tra il diritto inalienabile di criticare costruttivamente ed il desiderio di visibilità di chi è contro, acriticamente, per partito preso o, peggio, per interessi personali.
Vi proponiamo il video del primo Napoli-Parma da ex di Zola e Crippa e dell’addio di Ferrara e Cannavaro:
Pompilio Salerno
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