Non c’è pace per il Napoli. Anche quella che sembrava l’ultima isola felice del nostro calcio è stata investita dallo tsunami di polemiche e del ciarlare che da sempre caratterizza il mondo del pallone italiano. A differenza di altre occasioni questa volta, però, sotto la ridda di voci, presunte indiscrezioni dei soliti “beni informati” e soffiate varie cova una vera notizia e non solo l’intenzione di creare clamore.
Mazzarri sta seriamente valutando la possibilità di lasciare la guida tecnica del Napoli. per accasarsi altrove.Una vicenda su cui si è scritto tanto,forse troppo, e nella quale di sicuro è stata inopportuna la tempistica. A cinque giornate dal termine, con la squadra che contendeva il primato al Milan ma non ancora sicura di un piazzamento diretto in Champions, è stata una mossa alquanto azzardata sollevare la questione. Il senso ai più sfugge ma la sensazione che sulla pelle di squadra e tifosi si stia giocando una pericolosa partita di poker è vivida.Al “tavolo”, da una parte il presidente De Laurentis che, abbandonata la cautela che ha segnato il suo operato negli ultimi mesi, è tornato a tuonare contro chiunque manchi, a suo insindacabile giudizio, di chiarezza nello sposare il “progetto Napoli”. Come spesso gli accade in momenti di particolare tensione, il patron azzurro ha finito per alzare oltremodo i toni, preferendo – da istrione qual è – esibire al pubblico i termini della questione piuttosto che affidarsi alla diplomazia interna, aspettando, eventualmente, di aver raggiunto l’obiettivo Champions prima di rendere palesi gli attriti con il proprio tecnico. Dall’altra parte del tavolo il giocatore che non t’aspetti, l’allenatore di questo Napoli dei record, Walter Mazzarri. Sorprendendo tutti (o quasi), il tecnico di San Vincenzo ha dapprima ammiccato ai tanti estimatori conquistatisi anche per merito di quest’annata straordinaria, poi ha insinuato il dubbio sulla sua permanenza all’ombra del Vesuvio e, infine, ha ammesso chiaramente di star penando di cambiare aria e provare una nuova avventura. Scelta che non trova spiegazioni apparenti per un osservatore poco attento. Rinunciare di giocarsi per la prima volta in carriera la Champions conquistata in prima persona (evitando anche le forche caudine dei preliminari) con una squadra ambiziosa, una società solida e un pubblico con pochi eguali al mondo per accettare l’offerta di una squadra (la Juventus, nda) che rischia di non giocare nemmeno l’Europa League appare una decisione incomprensibile. Eppure potrebbe essere il frutto di una precisazione valutazione circa la propria carriera. Mazzarri sa benissimo che nella prossima stagione – visti i maggiori impegni e i presumibili rinforzi delle big che quest’anno hanno fallito gli obiettivi – sarà difficilissimo migliorarsi e, probabilmente, persino ripetersi e sta pensando di “mettere a frutto” nel momento di maggiore successo tutti i suoi, innegabili!, meriti. Che i margini di crescita attuali della Juventus, anche in presenza di un maggiore investimento economico, siano superiori a quelli del Napoli è tutto da dimostrare ma tant’è.
L’ultimo giocatore al tavolo è il mondo dell’informazione, principalmente locale, che partecipa alla partita con l’esclusivo intento di “alzare la posta” e dar vita alla mano perfetta. Il timore di chi scrive e, più in generale, di chi ha a cuore le sorti degli azzurri è che la partita sia truccata e che, quale che sia l’esito finale, non ci saranno vincitori ma solo sconfitti. Avrà perso la società perché tutta la querelle di queste settimane incide negativamente, oltre che sulle prestazioni dei calciatori, sulla programmazione per la prossima fondamentale stagione, con un mercato inevitabilmente bloccato dall’incertezza sul chi sarà a guidare la squadra. Avrà perso Mazzarri perché, per quanto i risultati del Napoli stiano lì a testimoniare in suo favore, al processo dei tifosi non tutti saranno disposti a giustificare i suoi, pur umani, tentennamenti, col rischio molto probabile di aver incrinato il rapporto idilliaco con tutto l’ambiente. Il calcio non conosce riconoscenza e non perdona “tradimenti”, anche quando non si è mai giurato amore eterno… (a Mazzarri va riconosciuto d’aver sempre usato un certo pragmatismo circa il suo futuro a Napoli). Il mio personalissimo auspicio è che non diventino i tifosi gli unici veri sconfitti della partita, vanificando tutto quanto i è fatto di positivo nel progetto di rinascita della squadra, spesso volano del riscatto della stessa città.
Per la nostra rubrica “Amarcord” non posso esimermi dallo scegliere di ricordare con voi uno dei più bei successi del Napoli sull’Inter, prossimo avversario nell’ultima apparizione stagionale degli azzurri al san Paolo. Il 22 ottobre 1989 il Napoli che si apprestava a conquistare il suo secondo scudetto affrontava allo stadio di Fuorigrotta l’Inter di Trapattoni e del trio tedesco Matthaeus-Klismann-Brehme.
In una partita all’inizio molto tirata a rompere l’equilibrio fu il maggior tasso tecnico del trio sudamericano del Napoli guidato da Maradona e ben assistito dai brasiliani Alemao e Careca. La vittoria dper 2-0 edgli azzurri arrivò per mano dei due giocatori maggiormente rappresentativi di quel Napoli. Aprì le marcatore l’attaccante carioca con uno splendido destro a incrociare, dopo un pregievole scambio tra Maradona e Alemao; chiuse i conti proprio il Pibe de Oro con uno spettacolare colpo di biliardo che impietrì l’incolpevole portiere nerazzurro Malgioglio.
Mi auguro, come voi, che si torni presto a quei giorni, quando l’unico tavolo verde su cui si giocavano i destini del Napoli era il prato del San Paolo e tutti i giocatori si sedevano dallo stesso lato del tavolo.
Vi proponiamo il video di quel Napoli-Inter 2-0:
Pompilio Salerno
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