Tre anni di passione travolgente e gol memorabili, di emozioni, urla, ringraziamenti al cielo, brividi e esplosioni di gioia. Da quello che sembra un lontano 2 agosto 2010 fino a un mese fa Cavani è stato l’inarrivabile, l’incredibile, l’unto del Signore.
Arrivò proprio pregando, Edinson Cavani: «Con mia moglie – il suo esordio – stiamo pregando come sempre Dio per questa nuova avventura». Un affare di De Laurentiis: 17 milioni al Palermo con pagamento dilazionato negli anni. Ripagati già all’esordio da titolare, il 26 agosto. Di scena ci sono gli svedesi dell’Elfsborg che pressano il Napoli, poi una ripartenza fulminea Maggio-Gargano-Cavani che prende la mira a buca la rete, raddoppiando poi di testa. È l’antipasto di un anno in cui gli azzurri sono la vera sorpresa del campionato scandita dai gol del Matador.
L’immagine impressa nella memoria collettiva è quella della notte del 9 gennaio 2011: ultima partita del girone d’andata con l’obiettivo del secondo posto. Arriva la Juve al San Paolo, i bianconeri non immaginano di stare finendo in un incubo rappresentato dalla maglia azzurra numero 7. Cavani infila una tripletta di testa prima su cross di Maggio da destra, poi cross di Dossena da sinistra, infine è un contropiede: Lavezzi semina il panico e libera Hamsik sulla destra dell’area di rigore palla a Edi che vola in un tuffo spettacolare.
L’autunno del 2011 è quello della Champions: il Manchester City scopre il talento del Napoli a sue spese. All’andata e al ritorno, di testa e di piede, di rapina o di precisione nelle due partita Edi ne rifila tre implacabile. E con il Chelsea c’è ancora lui, al San Paolo, a mettere dentro un pallone dal centro dell’area. Delle 104 reti, però, forse quella più importante è del maggio 2012, quella che rompe l’equilibrio nella finale di Coppa Italia con l’odiata Juve riportando un trofeo a Napoli dopo una vita. La partita è equilibrata fino al 18’ st quando su fallo laterale, Lavezzi se ne va solo in area, Storari lo atterra, è rigore. Dai nove metri va il numero sette. La tensione è tale che Aurelio De Laurentiis chiude gli occhi per non vedere il portiere bianconero da un lato e la palla dall’altro, in rete.
Il poker al Dnipro in Europa League è la sequenza indimentitabile: gli ucraini si presentano spavaldi al San Paolo passando addirittura in vantaggio. Poi sale in cattedra Cavani: primo gol di tempismo, su passaggio di Dzemaili. Pareggio su calcio di punizione da distanza infinita che annichilisce gli avversari. Vantaggio su azione corale, di piede dall’area piccola. Quaterna con un tiro mostruoso e impossibile dal limite dell’area di rigore.
Forse il gol che è rimasto negli occhi, nel cuore e nel cervello dei tifosi è però un altro. Il 19 dicembre 2010: il Napoli lotta per la vetta della classifica e si ritrova un’avversario ostico, il Lecce. Per un’intera partita sugli spalti e in campo si soffre tra occasioni sprecate e i salentini che pungono. È il 94’, l’ultima azione della partita, quando Cavani dice basta: prende palla a centrocampo, salta due avversari, si avvicina all’area e salta un altro difensore, carica il tiro da 30 metri: parte un bolide immortale che batte Rosati (nella porta del Lecce) e fa letteralmente esplodere il San Paolo. Che nostalgia…
fonte: Il Mattino
La redazione
F.G.
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