AMARCORD- “10 Giugno 2007, Genoa-Napoli, in viaggio verso la Champions”

10 Giugno 2007- 10 Giugno 2011: Da Genova lo splendido percorso degli azzurri

Quando il 10 giugno di quattro anni fa i calciatori di Napoli e Genoa scesero in campo per l’ultima giornata di campionato lo fecero con la mal celata speranza di non farsi troppo male. 

Ma in quell’occasione non si trattò di un episodio di frode sportiva, malcostume tornato d’uso o mai debellato, quanto della voglia di compiere assieme l’ultimo passo sul cammino verso il ritorno in massima serie.
Una promozione che per entrambe le squadre significò iniziare a riscrivere la propria gloriosa storia. Un significato concreto esimbolico che Napoli e Genoa condivisero in quello stesso anno con un’altra nobile del nostro calcio, la Juventus travolta la stagione precedente dal ciclone Calciopoli.
E’ proprio sul raffronto delle sorti delle tre grandi decadute del nostro calcio nei successivi quattro campionati che proverò a tracciare un bilancio dell’operato della società di De Laurentis e analizzare le strategie di mercato del Napoli, nell’ottica di una più generale crescita della squadra in ordine a fatturato, bacino d’utenzae ranking internazionale.

Juventus: la società bianconera affrontò il ritorno in A affiancando all’ossatura storica della squadra che aveva primeggiato in Italia per
un decennio solo due innesti di peso, il portoghese Tiago e il campione del mondo Iaquinta, investendo 25 milioni per entrambi (altrettanti furono spesi per acquisti controversi come quelli di
Jorge Andrade e Almiron). Nella prima stagione l’orgoglio dei campioni juventini produsse un buon campionato che portò la squadra bianconera al terzo posto, benché molto distante dalla coppia di testa Inter e Roma. E’ significativo notare come ai primi due posti della classifica marcatori ci furono Del Piero e Trezeguet, simboli del
vecchio corso juventino.
Ancora meglio fece la stagione successiva, quando i bianconeri si
classificarono addirittura secondi ma a dieci punti dall’inter di
Mancini e Ibrahimovic. L’unico rinforzo di peso di quell’anno fu il brasiliano Amauri, ma i 22,8 milioni investiti fruttarono solo 12 goal.
La cattiva gestione societaria e del mercato e l’inevitabile invecchiamento dei vecchi campioni hanno rapidamente ridimensionato le ambizioni della Juventus, classificatasi per ben due stagioni consecutive al settimo posto. Dimostrazione che nel calcio non paga il blasone ma la competenza.

Genoa: ben altri gli obiettivi del Genoa del pur ambizioso Enrico Preziosi. Potendo contare su investimenti ben più esigui rispetto alla Juventus, il Grifone puntò sula compattezza del gruppo e sulla bontà del progetto tattico di Gasperini. Il campionato si concluse con un più che onorevole decimo posto e tanti complimenti da parte di pubblico e addetti ai lavori per la qualità e la spettacolarità del gioco della squadra guidata dall’allenatore torinese. Ma l’exploit della squadra ligure venne l’anno seguente con le scommesse vincenti degli ingaggi di Milito (12 milioni) e dello svincolato Thiago Motta, accanto ai quali furono acquistati tanti giovani di belle speranze come Bocchetti, Criscito, Ranocchia e Palladino. Trascinati dai 24 goal dell’attaccante argentino i rossoblù finirono il campionato al quinto posto e tornarono in Europa dopo diciotto anni. Un sogno durato poco per i tifosi liguri, visto che il Presidente Preziosi pensò bene di monetizzare i successi della stagione precedente cedendo i pezzi migliori della squadra (Milito e Thiago Motta passarono all’Inter per complessivi 40 milioni) e rimpiazzandoli con calciatori non consoni alla nuova dimensione europea.

Le due stagioni successive hanno visto la brusca caduta del Genoa che si è classificato, rispettivamente, al nono ed al decimo posto. Quello genoano si è rivelato tutt’altro che un solido progetto di crescita; i successi sono sembrati più legati all’occasionalità del buon colpo di mercato – oltre che ai meriti di Gasperini –  che a lungimiranti scelte tecniche e societarie.

Napoli: è pleonastico ripercorrere il cammino che il Napoli ha percorso in questi ultimi anni, in quanto impresso indelebilmente nella mente di ogni tifoso azzurro. Basti rilevare in questa sede come il Napoli sia in una fase di progressiva crescita ed in costante aumento dell’attivo di bilancio. Dopo l’ottavo posto della prima stagione in A, coronata con il ritorno in Europa – sebbene dalla porta
secondaria dell’Intertoto – il Napoli ha vissuto una battuta d’arresto nel secondo travagliato campionato, segnato dal difficile rapporto tra l’allenatore Reja e il presidente De Laurentis, culminato con l’esonero del primo e l’ingaggio alla guida tecnica di Roberto Donadoni. E’ proprio in questa fase che si coglie, a mio parere, la bontà del progetto Napoli e dell’impegno appassionato e dispendioso, da un punto di vista economico e nervoso, del presidente partenopeo. Pur investendo in modo non sempre “illuminato” più di 50 milioni nel mercato estivo, la società azzurra ha avuto il merito di ricredersi circa la bontà della scelta di Donadoni e ha individuato in Mazzarri l’uomo giusto per il rilancio di un progetto di crescita che per De Laurentis deve portare il Napoli a primeggiare in Italia e in Europa.
I risultati di quella scelta e la competenza di chi giorno dopo giorno lavora alla realizzazione di questo progetto (un plauso lo merita anche il giovane DS azzurro Bigon) sono storia recente, testimoniata dall’entusiasmo incontenibile del tifo napoletano. Un entusiasmo che, però, può tramutarsi in ansia di bruciare le tappe oltre l’immaginabile (classificarsi terzi al quarto campionato in A ha già
dello straordinario, almeno per chi vi scrive),soprattutto se fomentato dai soliti “critici per professione”.

I successi del Napoli del futuro passano necessariamente attraverso l’investimento in giovani prospetti e campioni in procinto di definitiva esplosione, con un occhio al bilancio e uno alla carta d’identità. Nel paese in cui anche i numeri diventano opinioni ci si deve arrendere all’inevitabilità delle stucchevoli polemiche con cui si riempiono pagine e palinsesti, per fortuna poi la realtà tira sempre i conti e per qualcuno tornano sempre meno. C’è da fidarsi di questo nuovo
Napoli. Io mi fido, voi?

Pompilio Salerno

Di seguito il video racconto di quella memorabile giornata:

 

 

Vesux

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