Giampiero Amandola. Giornalista della Rai, sede di Torino. Sospeso e senza stipendio «sine die», ha deciso di ricorrere contro il provvedimento emesso ieri dalla direzione generale per il servizio mandato in onda sabato sera nel Tg3 del Piemonte, quello che ha scatenato la rabbia dei tifosi napoletani. «Non volevo offendere, io sono contrario a qualsiasi forma di razzismo: la mia era ironia», ha spiegato prima di essere vincolato all’assoluto silenzio dai dirigenti della Rai.
E allora, quelle parole dette nell’intervista prepartita a un esagitato tifoso juventino, «i tifosi napoletani li distinguete dalla puzza, con molta signorilità»? Un colossale equivoco, secondo la ricostruzione di Amandola, tifoso del Torino, in passato richiamato dall’Ordine dei giornalisti perché accusato di non aver rispettato la «pluralità della manifestazione di pensiero» in un servizio politico. Vicenda chiarita, quella. Sembra più grave questa, dopo il provvedimento firmato dal direttore generale della Rai, il manager napoletano Luigi Gubitosi, e in attesa delle decisioni dell’Ordine dei giornalisti.
Al microfono dell’emittente avellinese Radio Punto Nuovo, ieri mattina, Amandola ha spiegato: «Sono stupefatto. Io volevo prendere in giro i cori razzisti dei tifosi juventini e invece quella domanda è stata scambiata per un avallo di certi cori. Perché nessuno si è indignato di quanto hanno detto alcuni tifosi napoletani, ovvero che gli juventini sanno solo rubare? Io volevo dare un’idea di quanto accade in uno stadio e soprattutto irridere gli juventini: era una frase in difesa dei napoletani, dei quali apprezzo l’ironia». Contattato dalla redazione del «Mattino», il giornalista della Rai ha chiarito: «Non avevo compreso di essere intervistato, su questa vicenda non posso dire nulla». Una battuta su Napoli: «L’ho visitata, mi piace molto». Il sindaco de Magistris lo ha invitato e stavolta senza ironie.
Amandola ha presentato le scuse domenica sera «a chi si è sentito offeso» attraverso il comunicato del Cdr della Rai. «Ma non retrocedo di un millimetro rispetto al servizio perché la mia intenzione non era quella di offendere i napoletani, anzi volevo tutelarli ironizzando con termini come ”elegantemente” o ”con molta signorilità”, ecco», uno sfogo con amici e colleghi della redazione. La lettura dei giornali è stata una mazzata. «Una montagna creata dal nulla, insisto: io volevo deprecare certi comportamenti». Un’intenzione che non è apparsa chiara nel servizio trasmesso dal Tg3 del Piemonte, peraltro visibile anche in Campania.
Il giorno dopo per Amandola è stato duro. Per la sospensione decisa dalla Rai e per i messaggi di insulti arrivati al suo cellulare o alla sua mail. È stata aperta da tifosi del Napoli una pagina Facebook con la richiesta del suo licenziamento e in rete è perfino comparso il suo indirizzo torinese: il giornalista si è recato negli uffici della Questura per chiedere che venisse cancellato, per tutelare i suoi familiari. «Non sono razzista e non accetterei mai certe volgarità». E poi una confidenza fatta ad amici su responsabilità di altri colleghi, quelli che avrebbero potuto controllare un servizio realizzato «in fretta», da mandare in onda mentre la partita allo Juventus Stadium era ancora in corso. Ci sarà tempo per chiarire quanto è accaduto, ma il caso è esploso. «Non volevo offendere». Poi il silenzio. Il microfono di Amandola si è spento.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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