Alvarez, secondo gli osservatori lei è passato da “acquisto deludente” a “certezza” dell’Inter del futuro. Come c’è riuscito?
«Con il lavoro e con la fiducia. Non ho mai smesso di credere in me stesso».
Quante difficoltà ha incontrato?
«Tante. La mia prima stagione in Europa è stata difficile, ma non mi ha cambiato: io mi alleno duramente ogni giorno per migliorarmi e non mollo mai».
I suoi primi mesi all’Inter sono stati più difficili in campo o fuori?
«Fuori, nella vita di tutti i giorni, tanta gente mi ha aiutato a inserirmi, mentre in campo, nonostante tutti i consigli, dipendeva soprattutto da me e le difficoltà erano maggiori».
Quali sono le differenze tra il calcio italiano e quello argentino?
«Il vostro è un calcio più tattico dove ci sono squadre che si chiudono bene e ripartono. In Argentina invece ci sono più spazio e tempo per pensare la giocata».
Le imputano di essere un po’ lento e di giocare troppo in orizzontale. Come si difende?
«E’ vero, devo imparare a essere più veloce, ma ci vuole un po’ di tempo e tanto lavoro in allenamento».
Eppure nel periodo più difficile sotto il profilo dei risultati per l’Inter, Alvarez era assente per infortunio. Un caso?
«Sì, non datemi tutta questa importanza… L’Inter ha tanti giocatori di esperienza e qualità e le cose probabilmente sarebbero andate male anche se io non fossi stato infortunato».
Durante i mesi più bui, quelli in cui è finito anche in tribuna per scelta tecnica, ha mai pensato “l’Italia non fa per me” ?
«Sì l’ho pensato, ma è stato questo che mi ha fatto andare avanti, che mi ha dato la spinta per imparare e adattarmi a un calcio nuovo. E’ stato uno stimolo».
L’ipotesi di andarsene a gennaio l’ha mai considerata?
«No. Dal momento in cui sono arrivato qua, il mio unico pensiero è stato quello di affermarmi con la maglia dell’Inter per restarci tanti anni. So bene che nel calcio non c’è mai niente di certo, ma io ho chiaro in mente quello che voglio: rimanere a Milano a lungo».
Se potessero tornare indietro nel tempo, secondo lei Branca e Ausilio acquisterebbero nuovamente Alvarez?
(sorride) «Non lo so, dovete chiedere a loro. Dal momento che sono arrivato qua entrambi mi hanno aiutato molto, hanno parlato con me e mi hanno dato fiducia. Sto bene all’Inter anche grazie a loro».
I tifosi nerazzurri finora hanno visto il vero Alvarez?
«No, ma il prossimo anno lo vedranno. Questa è stata una stagione difficile che mi è servita ad abituarmi, la prossima partirò avvantaggiato».
Usciamo dall’equivoco tattico: qual è il ruolo dove rende meglio? Centrocampista, attaccante esterno, trequartista?
«A me piace giocare più avanti, ma essere in grado di ricoprire più ruoli è un vantaggio».
Se dovesse scegliere un modulo, punterebbe sul 4-3-2-1 e si piazzerebbe alle spalle dell’unica punta?
«In questo sistema di gioco ricevo più volte la palla e averla tra i piedi mi piace, ma ci sono tante partite in cui serve giocare più largo perché in mezzo non c’è spazio. Per me nessun problema».
I paragoni con Kakà cosa le fanno pensare?
«Mi riempiono di orgoglio perché Kakà è un giocatore incredibile. Io però penso a fare il mio lavoro, ad acquisire più velocità, a diventare più forte fisicamente per adattarmi al calcio italiano».
Qual è stata la sua partita più bella?
«Quelle in casa contro Lecce e Parma, anche se la vittoria più bella è stata quella del derby di domenica scorsa, con tutta la nostra gente pazza di gioia dopo una grande partita».
E la più brutta?
«La sconfitta per 3-0 in casa contro il Napoli».
Cosa le ha trasmesso Stramaccioni?
«Mi ha parlato e mi ha dato fiducia. Crede nel mio gioco e me lo ha trasmesso. E’ un bravo allenatore, uno a cui piace il calcio offensivo e tutti da questa sua prima esperienza hanno capito che ha un bel futuro».
Alla squadra invece cosa ha dato?
«Ha capito che il gruppo veniva da un momento non semplice e ha lavorato anche sotto il profilo psicologico. E’ stato bravo a dare certezze ai singoli, a rassicurarli».
Raggiungere il terzo posto secondo lei è ancora possibile?
«I numeri dicono di sì e dobbiamo crederci, senza però dimenticare che le nostre possibilità non sono molte visto che dovremo aspettare il risultato di altre 2 partite».
Vincere contro la Lazio però di sicuro vorrebbe dire avere… vacanze più lunghe.
«Un successo ci permetterebbe di arrivare magari al terzo o al quarto posto e di programmare meglio il lavoro della prossima annata. E poi finire bene questa stagione è importante».
Cosa pensa della Lazio?
«E’ una squadra che gioca bene e, anche se nell’ultimo periodo è un po’ calata, rimane temibile perché è tra le più forti del campionato. Se giochiamo con l’intensità del derby però possiamo metterla in difficoltà».
Scudetto alla Juventus: meritato?
«Sì perché ha giocato grandi partite e non ha mai perso».
E’ pronto a lanciare la sfida alla Juve per il prossimo anno?
«Certo. Sogno di vincere qualcosa qua all’Inter. E’ l’obiettivo di tutti e anche il mio».
E’ possibile ripetere il ciclo vincente dell’Inter del triplete?
«Perché no? Adesso però è importante concentrarsi sul finale di questa stagione e poi sul ritiro precampionato per formare un gruppo che può ottenere grandi risultati».
Di quel gruppo magari farà parte anche Lavezzi. Cosa pensa sul suo connazionale?
«Il Pocho lo conosco perché ho giocato in nazionale con lui. Come giocatore tutti sanno che è fortissimo e lo ha dimostrato al Napoli dove ha fatto la differenza. Io che sono stato con lui in nazionale posso assicurarvi che è anche una persona brava e simpatica, uno che alla squadra può servire sia in campo che fuori».
Se dovesse dirlo a Lavezzi, come si vive a Milano?
«Benissimo. Io abito in centro e mi trovo bene anche perché uno tra i miei genitori o mio fratello Leonardo sono sempre con me. Un po’ di nostalgia dell’Argentina ce l’ho perché lì ho vissuto tutta la vita, ma qua mi sono abituato bene. Milano è una città bella e la consiglierei a Lavezzi e a chiunque altro perché qui si sta bene».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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