Continua il viaggio di IamNaples.it alla scoperta di Rafa Benitez che, oltre ad essere l’allenatore del Napoli, è per meriti un personaggio importante della storia del calcio mondiale.
“Champions League Dreams” racconta i momenti più importanti della sua carriera, le vittorie e le sconfitte, ma soprattutto il personaggio a partire dalla sua principale passione: il suo lavoro di manager (clicca qui per leggere il primo articolo sul libro di Rafa Benitez, racconta la notte di Atene e la morte del padre).
Rafa per vincere cerca di fare tutto, sceglie i giocatori, li chiama, li ammalia con il suo fascino da leader colto e flemmatico ma anche fermo e sicuro. Nella sua storia al Liverpool, ha scelto e convinto Torres e decine di altri giocatori importanti, tratta e discute con la sua dirigenza l’ambiguo management americano che varie volte non lo difenderà o lo supporterà, flirta con i tifosi del Liverpool che l’ameranno in maniera commovente come lui stesso racconta spesso nel libro. Analizza e archivia con il suo staff milioni di dati con sofisticati software, alla ricerca di migliorare i punti deboli della squadra e di colpire quelli degli avversari; ci riuscirà quasi sempre con una precisione impressionante.
La precisione è quella di un cecchino che senza pietà metterà in ridicolo Materazzi e la sua lentezza, isolandolo contro Torres nella partita di Champions League contro l’Inter nel 2008. Quel Materazzi campione del mondo, orgoglioso, che non perdonerà mai Rafa per averlo considerato il punto debole dell’Inter e messo in difficoltà in quel occasione.
Il serafico ma meticoloso Benitez non risparmierà di colpire le debolezze del Milan di Instanbul nella finale di Champions del 2005. Rafa ribaltò una situazione sportivamente drammatica, con un discorso di 5 minuti che ricalca il discorso in parte quello di Al Pacino in “Ogni maledetta domenica”. La sintesi del discorso è nella parola spagnola “Locharlo”, combatti. Lo spagnolo per scuoterli dalla delusione del primo tempo gli disse: “Combattete fino alla fine, lottate per i vostri tifosi e finite a testa alta questi 45 minuti che potranno essere i più importanti della vostra vita. Seguite il piano, credeteci che ce la possiamo fare”. Uno dei recuperi più clamorosi della storia del calcio stava per accadere, in sei minuti il Liverpool recuperò lo svantaggio, la partita è entrata nel ranking delle più belle finali della storia del calcio. Quelli che molti non sanno è che il piano di Benitez si basava su una semplice mossa tattica: attaccare la zona di Pirlo con due giocatori, Gerrard e Luis Garcia. Pirlo nel modulo a rombo di Ancelotti aveva qualche problema a fare scudo davanti alla difesa per i suoi limiti nel dinamismo. Non fu certamente un caso quella straordinaria rimonta, niente fu casuale, ma il frutto di una strategia vincente studiata nelle settimane precedenti. Quasi “scientifica” e non casuale, malgrado molti pensino sia semplicemente una lotteria, è stata anche la vittoria ai rigori dove molto si deve a Dudek e al preparatore dei portieri Juan Manuel Ochtorena. Il preparatore spagnolo con un lungo lavoro di analisi e statistiche riuscì a capire con buona probabilità prima dove avrebbero tirato i rigoristi del Milan e indicò ad ogni rigore il numero corrispondente alla direzione del tiro a Dudek.
La vittoria di Istanbul rappresenta una bella sorpresa ma Rafa la racconta già all’inizio del libro per indicare proprio che per lui non si trattò assolutamente della fine di un percorso. La sua fame di vittorie non sembra esaurirsi mai come la sua incredibile voglia di imparare, conoscere, informarsi e lavorare per vincere di nuovo.
Due sono le sue parole che usa più volte per esprimere il suo credo tattico, “vicini” e “compatti”. Al punto che lui stesso nel libro ha il dubbio di essere ripetitivo. Convinto sia questa la chiave dei suoi successi e senza l’applicazione di questi principi non si possa vincere. Accanto alla tattica Benitez mette in mostra una capacità strategica non comune che dice di aver sviluppato giocando con il fratello ad un gioco di strategia “Stratego” a cui si dedicò per molto tempo studiandone tutte le possibile variabili per evitare la sconfitta. Gli esempi più significativi di questa capacità strategica applicato alla sua carriera sono molteplici ma due fanno capire la sua astuzia in modo particolare. Nella semifinale del 2007 contro il Chelsea di Mourinho si rende conto che le due squadre si conoscono troppo bene e che il portoghese non si farà sorprendere facilmente, Rafa allora decide di cambiare completamente la maniera di battere i calci piazzati. Per ingannarlo ancora di più nelle partite precedenti di Premier League, applica un cambio che non sarà poi quello decisivo nella partita contro il Chelsea. Mourinho pensò di aver interpretato il cambiamento di Rafa, il trucco invece poi ha funzionato. Il Liverpool andò a segno proprio da calcio piazzato prendendo quel vantaggio che sarà poi fondamentale per aggiudicarsi il duello.
Astuto e spietato lo è anche contro il Real Madrid quando nella gara ad Anfield del 2008 decide di abbandonare il suo solito pressing alto, concedendo a Pepe, Heinze e Cannavaro, certamente non tre grandi palleggiatori, lo spazio per avanzare palla al piede. Il Liverpool fa giocare ai difensori avversari la palla con tranquillità per poi alzare il baricentro della squadra quando non se l’aspettando e mettendo in luce così i loro limiti di palleggio in maniera così netta da infliggere al Real Madrid una di quelle “scoppole” che non dimenticheranno facilmente: 4-0 e tutti a casa. I “Galacticos”, nonostante una squadra stellare e l’attacco formato da Raul e Higuain, furono umiliati. Rafa è diabolico quando nella partita di ritorno dei quarti di finale della Champions League del 2005, contro la Juventus di Capello, uno degli allenatori più titolati al mondo,costruì un altro “inganno tattico”: per i primi due minuti la sua squadra in grande emergenza giocò con il classico 4-2-3-1 per poi passare al improvviso ad un 3-5-1-1 che gli permetterà di bloccarli e passare il turno contro una squadra che vantava nelle sue file campioni come Ibrahimovic, Nedved e Del Piero.
Rafa è un manager molto lucido e razionale, impressiona il lettore quando racconta che, dopo un risultato importante, vorrebbe fermare i festeggiamenti per spiegare i movimenti sbagliati dagli attaccanti o, quando dopo la vittoria della semifinale, non riesce a fermare i suo ragionamenti e pensieri per la prossima partita.
Rafa è un uomo razionale ma anche molto romantico, lo dimostra quando vorrebbe restare al Liverpool malgrado il management americano, in virtù dei debiti accumulati, voglia in tutte le maniere possibili tagliare i costi, quando si emoziona davanti all’entusiasmo e all’affetto dei tifosi. Un altro episodio significativo è la resistenza a non volersi separare in aereo dalla sua penna Mont Blanc con cui prende appunti durante i match al punto di vincere parzialmente una lunga discussione con il personale dell’aeroporto per portarla con sè. Romantico, affettuoso e dolce nel rapporto con la moglie Montse e con le figlie Agata e Claudia, al punto di indossare in tutti i match i calzini con il diavoletto della Tasmania che gli ha regalato Claudia, la più piccola.
Alla fine del libro si resta con un sentimento di bellezza e di incompletezza, con la consapevolezza che la storia non è finita. Non lo sarà mai come la voglia di vincere di Rafa, quel desiderio di voler ottenere il massimo non solo per se stesso ma anche per gli altri, i tifosi, i giocatori, la famiglia, la società. Quella capacità di darsi agli altri che lui stesso dice di avere da sempre e che l’avevano fatto diventare agli inizi professore di educazione fisica. Romantico, analitico, astuto e razionale, un mix esplosivo. La benzina del prossimo Napoli perché la certezza è che il viaggio di Rafa non si è fermato all'”Ataturk” di Instanbul nè con le vittorie successive.
Gianluca Dova
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