Juve-Napoli tra cinque giorni, e poi ancora Juve-Napoli fra 54. Il 20 maggio, una settimana dopo la fine del campionato: due storie diverse, ma sempre molto simili. Perché le sfide tra azzurri e bianconeri hanno avuto e hanno sempre una storia a sé. Il 15 marzo di 23 anni fa il Napoli buttò fuori la Juve dalla Coppa Uefa (e poi la conquistò a Stoccarda) e in quell’undici dei quarti di finale c’era Alessandro Renica al centro della difesa partenopea. Il “fenicottero” azzurro, e da molti ricordato come “‘o scellon”, per quelle lunghe leve che si ritrovava e le improvvise folate in attacco, spesso coronate da gol importanti. Come quello messo a segno contro la Vecchia Signora in una delle partite più rocambolesche della storia del Napoli.
Si dice che abbia segnato di spalla, e che a lei si sia ispirato Cavani col Chelsea. Vero Renica?
«Non è che si dica… è tutto vero. Ma, a parte gli scherzi, il gol di Cavani è stato molto diverso dal mio. Lui ci ha dato un colpo secco e la palla è andata dove doveva andare. Per quanto mi riguarda ci fu un testa-spalla che disorientò Tacconi tanto da fargli scegliere la destra. E invece la palla rotolò lemme lemme sulla sinistra. Questo quando scoccava il 120’, ultimo minuto dei supplementari e ultima occasione per noi. Ricordo che c’erano centomila persone sulle tribune e ventimila fuori. Un vero e proprio delirio che si trasformò nell’ormai inimitabile boato del San Paolo. Purtroppo ci fu anche un morto d’infarto e questo ci rattristò molto. Noi col 3 a 0 passammo (all’andata era finita 2 a 0 a Torino ndc) e poi eliminammo anche il Bayern».
Ne ha fatti dieci in azzurro, quello fu il più importante?
«Fu vitale per noi. Ma il più bello fu quello fatto all’Atalanta nella prima delle due finali, manco a farlo apposta di Coppa Italia. Ebbi la fortuna di dare la prima spallata al muro che avevano issato i bergamaschi. Mi dissi: adesso ci devo provare costi quello che costi. Feci partire un missile quasi da centrocampo, la palla s’insaccò sotto la traversa e tornò fuori nell’area piccola. Finì poi 3 a 0, perché a quel Napoli bastava sbloccare il risultato per poi dilagare».
Anche a questo?
«Sì, una piccola cosa in comune c’è. Lo abbiamo visto con il Cagliari e il Genoa. Tutte le squadre che arrivano al San Paolo si chiudono a riccio, a volte il Napoli è bravo a far saltare gli equilibri delle avversarie per poi colpire a ripetizione».
La Coppa Italia dopo 25 anni è tornata di moda, e lei sì che se ne intende.
«E’ un match sempre prelibato quello con la Juve. Sia che si tratti di Coppa Uefa, campionato o Coppa Italia. Io qui lo dico e lo ripeto dopo averlo detto tantissime volte. Per me gli azzurri sono favoriti e non di poco. C’è più qualità rispetto agli juventini e non solo: Mazzarri, che reputo tra gli allenatori più preparati in circolazione, avrà la possibilità di preparare le partite al meglio, visto che i tempi adesso si dilatano. Quindi è la Juve che deve preoccuparsi di un Napoli senza assilli».
Sì, ma c’è prima la sfida di domenica. Lei ha fatto gol ai bianconeri anche in campionato vero?
«Neanche quello mi sono fatto mancare. E pure quello fu rocambolesco. Era l’anno del primo scudetto (29 marzo 1987 ndc) il ritorno con la Juve era da vincere a tutti i costi e anche allora riuscii a sbloccare il risultato con una punizione all’incontrario. Nel senso che fu Diego a toccare per me: partì un tiro un po’ sbilenco che, con la complicità di una zolla, s’infilò tra le gambe sempre di Tacconi. Secondo me in campionato il Napoli può riprendersi e finire terzo».
La difesa sta ballando non poco sulle palle inattive, e ne vengono esaltati i colpitori di testa. Lei con la testa ci sapeva fare.
«Me la cavavo, vero. Mazzarri sa qual è il problema e ci sta già lavorando da parecchio. Anche se a volte è troppo integralista. Col Chelsea avrei messo Campagnaro esterno di centrocampo e aggiunto Fernandez in difesa per dare più centimetri. E col Catania avrei tolto Dossena per rafforzare la difesa. Questo sempre col senno del poi. Ci vorrebbero due dotati in elevazione che vanno a caccia della palla e gli altri che marcano a uomo. Meccanismi che all’epoca svisceravamo con Bianchi. Sulle palle inattive difficilmente ci fregavano».
La difesa è quindi da bocciare?
Assolutamente no. Adesso c’è ansia, che è stata trasmessa anche a De Sanctis, portiere che al momento reputo alla pari di Buffon, ma in retroguardia ci sono uomini validissimi. Come Cannavaro. E’ un gran centrale: ha visione di gioco, elevazione e sa verticalizzare e sganciarsi coi tempi giusti. Un po’ come me».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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