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Alemao: “Napoli offensivo proprio come il mio. Higuain simile a Careca e vero simbolo di questa squadra”

Notti di Coppa, brividi, ricordi. Era ora. Ricardo Rogerio de Brito detto Alemao ne mette insieme tanti. Di brividi e di ricordi. E anche di notti magiche. «Sono passati davvero 26 anni dalla nostra Coppa Uefa?». Ebbene sì. «Quella è stata un’ impresa di dimensioni mondiali, fu una cavalcata straordinaria. Abbiamo sacrificato il campionato per l’ Europa. E facemmo bene».

Ricardo Alemao ha rilasciato un’intervista esclusiva al Mattino, ecco quanto evidenziato dalla redazione di IamNaples.it:

Alemao, il Napoli pare avere tutte le carte in regola per ritentarci quest’ anno?«Non è mai facile vincere in Europa. Perché queste manifestazioni sono molto insidiose, basta una serata negativa e si mette in discussione tutto il cammino».

A quel Napoli è capitato a Torino di rovinare tutto?«Con la Juventus nella gara di andata è stato un vero incubo: dominammo, per davvero, dal primo all’ ultimo minuto. Ma loro fecero due gol e noi neppure uno. Eppure non ci sentimmo spacciati: già nello spogliatoio cominciammo a discutere tra di noi su quale strategia adottare al San Paolo. Quel Napoli aveva uno spirito unico».

E arrivò in questo modo il 3-0 del San Paolo.«Credo che sia stata quella la gara in cui realmente vincemmo la Coppa Uefa. È stata la vera finale, quella in cui capimmo che avremmo battuto qualsiasi squadra. Altro che le sfide con il Bayern e lo Stoccarda. Perché certe partite hanno valori particolari, sono dei segnali. La festa sugli spalti è un ricordo che mi è rimasto fisso dentro di me».

Giovedì il Napoli ha vinto 4-0 in Turchia. Può essere anche questa vittoria straripante un segnale?«Beh, vincere fa sempre bene e segnare 4 gol non è mai facile. Ricordo che quell’anno ottenemmo un risultato importante a Bordeaux, in Francia,che ci caricò molto nel cammino Uefa. Ma quel Napoli era una squadra che aveva nel Dna offensivo il suo punto di forza: giocavamo con Maradona, Carnevale, Careca sempre insieme. Non davamo punti di riferimento a nessuno».

Come questo Napoli?«Sì. Credo che Higuain sia proprio il simbolo di questa squadra. L’argentino in maglia azzurra ha trovato la dimensione giusta, il suo perfetto punto di approdo. Poi è potente come lo era il nostro Careca. Se fossi in lui non andrei mai via da Napoli». 

 

C’è un brasiliano che è assai in discussione: Rafael. Una volta esportavate solo attaccanti, adesso invece..«È una vecchia abitudine del calcio italiano: basta poco per essere criticati. Bisogna dare fiducia ai giovani.E poi in Italia Taffarel e Julio Cesar hanno dimostrato che anche la nostra scuola di portieri è di gran valore. Rafael lo ricordo al Santos, mi stupisce sapere che sta attraversando un momento difficile».

Il Napoli sta tornando ai vertici,è cresciuto molto in fretta con Benitez. Non trova?«Faccio l’allenatore, anche se  adesso sono senza lavoro. Ma Benitez è un tecnico che mi incuriosisce per il modo con cui schiera gli attaccanti. Eppure prima di venire al Napoli passava per uno che pensava soprattutto a non prendere gol».

Alemao, perché i brasiliani bravi non vengono più nella nostra serie A?«Beh,è da un po’ che non è il campionato più bello del mondo. Quando arrivai a Napoli, in Italia prima di me c’erano stati Falcao, Zico, Socrates, Careca… Ora la Spagna e l’Inghilterra sembrano essere tornei più affascinanti».

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