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Albiol e Koulibaly, l’intesa è già perfetta: il Napoli si riscopre un bunker

Indietro tutta: perché a un certo punto, riguardandosi allo specchio attrraverso le immagini di un anno intero (ovviamente, quello passato), c’era ben tratteggiato il capitolo principale d’una conversione improrogabile. Legittima difesa, obbligatoriamente: perché rivedendo (e correggendo) il Napoli dalla cintola in giù era contenuto il passepartout per una vita meno avventurosa, più disciplinata, non esageratamente scanzonata. Dal vangelo secondo Rafa, all’epoca del Valencia, andavano estrapolati i passaggi-chiave d’una nuova religione: le coperture preventive, innanzitutto, ma anche il riavvicinamento delle linee, la capacità di stringere il campo altrui, la voracità nel portare il pressing però senza allungarsi e spalancare angoli pericolosi e infine lo scivolamento adeguato per sfuggire al cambio gioco altrui.

BUNKER. Vabbè, sono amichevoli, però hanno aiutato a scorgere la nuova frontiera del Napoli, la sua corsa (all’indietro) per limitare i danni e «studiare» i correttivi utili: trentanove reti subite, in media poco più di uno a partita, con la Juventus fermatasi a ventitré e la Roma a venticinque; la differerenza, dunque, era in quel buco, innanzitutto, da otturare in fretta, sin dalle prime amichevoli, per vedere l’effetto che fa. Dalla Feralpisalò al Kalloni, dal Paok al Barcellona, da un test morbido e via via sempre ad un altro più complicato, il Napoli ha scoperto che: ha incassato – e su palla inattiva – un solo gol; ha sofferto sempre assai poco; ha tenuto il campo ed ha concesso quello che è umanamente insoppribimile; ha un difensore d’una rapidità terrificante, scovato da Benitez attraverso la sua lente d’ingrandimento; ha ritrovato il talento d’un portiere ch’è il futuro; ha già evidenziato rilevanti miglioramenti, pur dovendo rinunciare – per scelta o per impedimenti – a Maggio-Zuniga e a Ghoulam, i proprietari delle fasce.

LA SORPRESA. Il K2 è Kalidou Koulibaly, una montagna di muscoli che però schizza via alla velocità della luce, va a fare le diagonali, si stacca in avanti per andare a togliere le giocate altrui, sfila sugli esterni per garantire assistenza a chi è partito, e nel suo piccolo è una (bella) via di mezzo da Thouram e Vierchowod, che ricorda per struttura, fisicità e scatto. I ventitré anni sono un valore aggiunto: in gioventù si apprende in fretta e si memorizza meglio.

IL RITORNO. A Swansea, Rafael Cabras Barbosa conobbe l’altra faccia del calcio, quella meno gioiosa: la sua pazza, entusiasmante notte s’andò a frantumare in un’uscita salvifica che gli cosò i legamenti d’un ginocchio. Ma a Ginevra ha offerto ancora se stesso, mostrandosi reattivo e rinato, garantendo ciò che al Napoli serve: un portiere di elevatissimo livello tecnico e di rendimento sicuro, un uomo che aiuti a fare la differenza rispetto alla normalità. Per chi avesse avuto qualche perplessità, è stata parata persino la paura (altrui).

LA CONFERMA. E quando il gioco non s’è ancora fatto duro, Raul Albiol ha duramente mostrato la sua faccia da leader: sui cross (non ne ha persi uno), sulla posizione, con l’autorevolezza, con la semplicità, con il palleggio poi in disimpegno per ricominciare l’azione. Un principesco centrale difensivo, che rispetto all’anno scorso ha un campionato in più di Napoli dentro e adesso anche un Mondiale in meno a cui dover pensare.

Fonte: Corriere dello Sport

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