Cambia il vento, e anche il Napoli bifronte trova in casa un suo perché. Certo, deve creare le regolamentari quindici occasioni da rete permettere la palla dentro, e come sempre accusa qualche passaggio a vuoto dalle parti della propria area, rischiando di sporcare un largo e bel successo,ma almeno mette sugli scudi un elemento che era stato al centro di un dibattito, il buon De Guzman, multinazionale umana filippino- canadese-olandese e autore di una clamorosa e luccicante tripletta che nessuno sul planisfero avrebbe mai previsto prima del match. Cambia il vento e realizza pure il primo gol allo scadere, quando prende il pallone che nasceva cross nelle intenzioni del suddetto re per una notte e lo trasforma in sagace e brillante pallonetto scavalcante. Cambia il vento e risolve una partita che pareva tignosa e non lo era, giacché i volenterosi svizzerotti si dimostravano minuto dopo minuto quali realmente sono e non quali sembravano a casa loro contro il Napoli bifronte prima del cambiamento. Perché certe partite lasciano il segno, positivo o negativo, e sono indimenticabili e continuano anche molto oltre il triplice fischio finale, e così è stato ed è per Napoli –Roma, che ha distribuito un ettolitro di adrenalina anche ai rincalzi azzurri fin qui insufficienti. Cambia il vento e consente una vittoria chiave in ottica qualificazione perché ci permette di lasciare indietro i ragazzotti rossocrociati, ora in svantaggio negli scontri diretti; obiettivamente la strada per l’approdo ai sedicesimi della scomoda ma pur sempre prestigiosa Europa League appare ora in discesa, e nel contempo terque quaterque ci ricordiamo che da queste parti siamo capaci di tutto, e del contrario di tutto. Ma torniamo a De Guzman, simbolo oscuro del cambiamento; oltre ai tre gol ne sbaglia altrettanti, si dà da fare e corre un po’ dovunque, integrato bene coi compagni di serata e protagonista di una strana esultanza che tuttavia speriamo di rivedere spesso e volentieri. Che il giovane sia baciato dalla buona stella ce n’eravamo accorti all’esordio, quando girovagando per l’area genoana aveva piazzato la zampata della vittoria: ma poi avevamo assistito attoniti a una paurosa involuzione, che aveva costretto lo stesso mentore Rafa a nasconderlo in panca e a non farlo rientrare nel consueto ballo delle punte. Ma ieri sera c’era da far tirare il fiato a Marek, nemmeno convocato, e quindi eccolo in campo De Guzman, pronto alla zampata. E in generale l’intera squadra si mette a dimostrare di essere in grado di proporre il suo bel meccanismo a prescindere da protagonisti e interpreti, frizzando dovunque e pure mostrando un gioco geometrico e divertente; bravo Insigne, ispirato al momento e pure relativamente pungente nel tiro, anche se al solito contro di lui i portieri ancorché scadenti si ritrovano campioni; bravo Inler, tosto e preciso contro i suoi connazionali, e bravo Gargano, al solito tignoso e instancabile,che abbiamo riconosciuto anche se mascherato; bravo Britos a metterci la testa per sbrogliare un rischio, e bravo perfino Rafael quando i compagni hanno improvvidamente deciso la fine della partita prima dell’arbitro, consentendo al carneade di turno di battere a rete pressoché indisturbato,e lui ci ha messo il piedone disperato salvando la patria. Più di tutti, dobbiamo ammetterlo e siamo lieti di poterlo fare, bravo Benitez in quest’occasione: ci eravamo preoccupati per il solito enorme turnover, che altre volte ha lasciato sulla nostra pelle segni profondi e sgraditi. Invece i sostituti hanno onorato il campo, più degli stessi tifosi che hanno lasciato ampi spazi non presidiati. Ultime due considerazioni, relative non a ieri ma all’altro ieri. La Roma, e lo speriamo sinceramente, potrebbe qualificarsi agli ottavi di Champions con sei punti in classifica: noi, con dodici, l’anno scorso non ce l’abbiamo fatta. E poi: l’indomito Athletic Bilbao, nella roccaforte imbattibile del San Mamés, prende gli ennesimi schiaffi attestandosi in fondo alla classifica del girone con punti uno in partite quattro. Il tifoso pensa a questo,strozzandoglisi in gola il famoso urlo che gli è caro, a conclusione della musichetta bellissima. Ci è gradita l’occasione per chiedere a società, tecnico e giocatori di regalarcela di nuovo, l’anno prossimo. Per cortesia.
Fonte: Maurizio de Giovanni per il Mattino
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