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Addio “Derby del Sole”: 1300 agenti a presidio di San Paolo e zone adiacenti

C’è stato un’epoca in cui serviva solo il pallone da mettere al centro del campo per cominciare: poi s’è rotto un rapporto e quella grande famiglia, nella quale i napoletani ed i romani erano “cugini” è andata in frantumi

E’ sparito il derby e pure il sole, è sparita quella magia del bel tempo che fu, è sparita la vigilia e soprattutto l’allegria: e ora che Napoli-Roma sta arrivando, con quel concentrato di tensione implosa dal 3 maggio, con il dolore (persino fisico) che avvolge ognuno, c’è soprattutto la malinconia, la sofferenza, la tristezza. E’ sparito il profumo del calcio, liberi di non crederci, quella senso di appartenenza collettivo che faceva di Napoli-Roma un appuntamento: le macchine incolonnate, la scampagnata di qua o di là, la sensazione di potersi godere lo spettacolo nella sua intierezza, anche trascinando la testa fuori dal pallone, per godersi la natura, le bellezze della terra, l’accoglienza. E’ sparita la gente, per il momento, perché sono arrivati a trentaduemila biglietti venduti – tagliando in più o meno – che sommati agli abbonati fanno quarantamila e dunque lasciano uno stadio semivuoto per un terzo della sua capienza.

Blindato. E’ comparso però altro: ad esempio la febbrile organizzazione d’un piano preventivo che garantisca tranquillità a chi ha scelto di esserci, per vivere un pomeriggio d’altri tempi (ma nell’orario d’inizio), la necessità di ricorrere a seicento agenti ed a settecento steward, il dovere di controllare in maniera rigorosa i varchi di accesso ed anche le strade che conducono a Fuorigrotta.
E’ una partita di calcio, ma ha connotati (inevitabilmente) diversi dai Napoli-Roma dei favolosi e civilissimi anni settanta; era già diventato altro, onestamente, con la cronaca sommersa da incidenti, da aggressioni, persino da un assalto ad una caserma: una deriva annunciata sin dalla metà degli anni ‘80, un gemellaggio mandato in frantumi e poi il 3 maggio, con la morte di Ciro Esposito che ha introdotto in una dimensione feroce.

Cugini. C’è stato un’epoca in cui serviva il nulla, solo il pallone da mettere al centro del campo per cominciare: poi s’è rotto un rapporto e quella grande, allargata famiglia, nella quale i napoletani ed i romani erano “cugini” è andata in frantumi. Stavolta serve un mezzo esercito, con settecento persone da destinare all’ordine pubblico per fare in modo che finisca lì, che non ci siano rigurgiti di violenza, che il messaggio lanciato da Antonella Lerdi, una mamma alla quale non mancano le parole giuste: «Che sia una giornata gioiosa». E affinché lo sia per davvero, senza rigurgiti di violenza, ci sarà una task-force che governera Fuorigrotta, anzi lo sta già facendo, provando a ricreare un clima di civiltà laddove c’è il rischio che si annidino maleintenzionati. E’ una giornata strana, l’avverti, e mamma Antonella ne resterà (quasi sicuramente) fuori, «perché non sarebbe semplice accomodarsi stavolta al posto di Ciro».

Guarda chi c’è. E pensare ch’è c’è stato un’epoca nella quale si poteva andare allo stadio per Napoli-Roma: però già l’anno scorso furono meno di quarantamila; stavolta si potrebbe sfiorare quel tetto o magari superarlo di poco e al san Paolo, tra loro, si rivedrà anche Pepe Reina, l’idolo dell’anno scorso, il portierone ch’è divenuto un rimpianto e che però starà al fianco del suo “erede” Rafael per trasmettergli qualcosa di suo, comunque una mano seriamente amica da allungare sulla partita. Ne servirebbero tante, dotate di buon senso.

Fonte: Corriere dello Sport

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