«Ciao Stefano, Eroe». Il messaggio di Roberto Baggio sintetizza il sentimento comune del mondo del calcio per la scomparsa di Stefano Borgonovo, morto ieri all’età di 49 anni, che da anni lottava contro la Sla. L’ex attaccante – tra le altre di Como, Milan, Fiorentina, Pescara e Brescia – nel settembre 2008 aveva annunciato di essere malato di sclerosi laterale amiotrofica, una malattia neurodegenerativa a decorso progressivo che ha colpito vari sportivi, ed essere ormai in grado di comunicare solo grazie ad un sintetizzatore vocale. Nacque allora la fondazione che porta il suo nome, una onlus che sostiene la ricerca contro la Sla, la «stronza», come la chiamava Borgonovo. Per raccogliere fondi l’8 ottobre 2008 allo stadio Artemio Franchi di Firenze, Fiorentina e Milan scesero in campo per una amichevole dedicata allo sfortunato giocatore. E l’anno dopo allo stadio Luigi Ferraris di Genova, gli sportivi genovesi di Genoa e Sampdoria si affrontarono in una partita a scopo di beneficienza, «Uniti contro la Sla», sempre per raccogliere fondi.
La Fondazione, curata dalla signora Chantal, è diventata un punto di riferimento importante per quanti vogliono lottare contro un male subdolo. «La sua battaglia non verrà dimenticata», ha sottolineato Damiano Tommasi, presidente dell’Assocalciatori.
La morte di Borgonovo è solo l’ultima di una lunga lista di sportivi colpiti da sclerosi laterale amiotrofica: tanto alta è l’incidenza tra gli sportivi, che quel morbo che immobilizza il corpo è anche chiamato di Lou Gehrig, giocatore di baseball morto dello stesso male. Come il campione americano, anche Borgonovo da semplice vittima è divenuto simbolo della lotta a una malattia le cui cause – e dunque le cui cure – non sono ancora del tutto note. Prima di lui, c’era stato Gianluca Signorini. A far balzare all’attenzione delle cronache dei giornali tutto il dramma della Sla furono le sue lacrime sulla sedia a rotelle a Marassi, accompagnato dai figli, con tutto lo stadio in piedi ad applaudirlo. L’ex capitano del Genoa combattè a lungo la sua battaglia, ma alla fine anche lui dovette arrendersi nel 2002: il morbo lo stroncò ad appena 42 anni. La sua morte servì però a far nascere la sensibilità verso questo morbo. E anche ad aprire un filone di indagine su una malattia troppo a lungo trascurata: l’anno dopo la procura di Torino per iniziativa del pm Raffaele Guariniello avviò un’inchiesta, all’inizio riguardò cinque squadre professionistiche ma poi si allargò a macchia d’olio. L’indagine accertò all’inizio oltre quaranta casi di nominativi di calciatori e tanti altri casi sospetti.
Fu così che ci si accorse di casi di anni lontani che erano caduti nel dimenticatoio. Tra i più recenti quello di Adriano Lombardi, ex capitano dell’Avellino che giocò in serie A, morto nel 2007 all’eta di 62 anni nella sua casa di Mercogliano; a distanza di tre anni quella di Lauro Minghelli, ex giocatore di Arezzo, Torino e Pisa, deceduto nel 2004 a soli 31 anni dopo un altro lungo calvario. Il primo caso in Italia risale addirittura al 1973, anno in cui morì Armando Segato: ex centrocampista di Cagliari, Fiorentina e Udinese, con presenze anche in azzurro. Nel 1980 morì Ernst Ocwirk, ex giocatore austriaco della Samp degli anni Sessanta. Dopo di loro furono in tanti a subire la stessa triste fine. Ci furono i casi di Ubaldo Nanni, dell’ex calciatore sempre del Pisa della fine degli anni ’70, e dell’ex difensore dell’Inter, Samp e nazionale Guido Vincenzi. Tra le morti sospette quella dell’ex milanista Giorgio Rognoni, morto a 40 anni, e di alcuni giocatori della Fiorentina degli anni Settanta. Tra loro Bruno Beatrice, Nello Saltutti, Ugo Ferrante e Giuseppe Longoni.
Fonte: Il Mattino.
La Redazione.
D.G.
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