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Addio ad Amadei, «Er fornaretto» che il Comandante Lauro inventò tecnico

È morto ieri mattina a Frascati Amedeo Amadei «er fornaretto». Aveva 92 anni. Per la sua popolarità era soprannominato «l’ottavo re di Roma», nomignolo che poi nella storia giallorossa avranno solo Falcao e Totti. Titolo che persino Totò gli riconobbe citandolo in un film record d’incassi con Alberto Sordi. Guidò la squadra della capitale alla conquista del primo scudetto nel 1942. Quando giocò la prima volta (Roma-Fiorentina del 2 maggio 1937) Amadei aveva soltanto 15 anni, 9 mesi e 6 giorni. Nessuno ha mai esordito così giovane. Amadei è stato senza dubbio uno dei più grandi giocatori italiani, eroe indimenticabile di un calcio così lontano e affascinante che quasi sembra preistoria. Appena si è sparsa la notizia, immediate sono giunte le condoglianze da parte di tutto il mondo del calcio. Il più commosso di tutti è stato proprio l’attuale capitano della Roma, Francesco Totti: «È stato un pezzo insostituibile della storia del nostro club, ci mancherà tantissimo». In un attimo, la notizia è stata rilanciata sui siti di tutta Italia, a testimonianza della popolarità e della stima che Amadei si era guadagnato per la sua carriera di atleta e di allenatore. In serie A ha giocato 17 campionati: 9 nella Roma, 2 all’Inter e 6 nel Napoli: arrivò in azzurro nell’estate del 1950, dopo il ritorno in serie A e vi rimase fino al 1961 perché finita la sua carriera di giocatore (con il Napoli 47 gol segnati in 171 presenze) iniziò alla corte di Lauro quella di tecnico. Che nel 1958 lo portò a conquistare il ”Seminatore d’Oro” (arrivò quarto e Vinicio concluse la stagione con 21 gol). Scelse Napoli dopo due anni di Milano perché aveva voglia di avvicinarsi a casa. Venne pagato 40 milioni. In azzurro da attaccante si trasformò in regista per lanciare Jeppson e Vinicio. Dopo sei campionati da calciatore, Lauro gli offre la panchina. «Er Fornaretto» era il suo beniamino. Prima per sostituire Monzeglio (fu tra i primi allenatori-giocatori della storia) e poi al posto di Frossi, che secondo il comandante era perseguitato dal malocchio. Inventò il turnover tra Vinicio e Jeppson convinto che i due insieme non potessero giocare. Fece cedere Vinicio, con Pesaola, alla fine della stagione 1958/59 convinto che i due tramassero contro di lui. Sei stagioni da allenatore a Napoli e altrettante alla guida della nazionale femminile. Sulla panchina del Napoli collezionò 194 presenze complessive tra campionato e coppe. La sua avventura finì nel 1961: Lauro era convinto di aver allestito una squadra per lo scudetto che invece precipitò dritta in B. Lo squadrone fallì la sua missione ma comunque contribuì alla rielezione del Comandante a sindaco di Napoli. Amadei andò via quell’estate. Guidò la Lucchese e poi la nazionale femminile dal ’73 al ’78. Anche il presidente Aurelio De Laurentiis ha espresso il suo profondo cordoglio per la scomparsa di «un indimenticabile protagonista della storia azzurra». L’ultima volta a Napoli nella primavera del 2000: andò a salutare con Hasse Jeppson, Naim Krieziu e Luciano Comaschi il Napoli d Walter Novellino. «Avevo un gran nostalgia».

 

Fonte: Il Mattino

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