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Addio a Dino Celentano, il dirigente che battè il pugno sul tavolo per portare Maradona a Napoli

Uomo tutto d’un pezzo. Persona seria e razionale, sempre pronto a trovare una soluzione ad ogni problema. Ma allo stesso tempo era un dirigente di cuore: perché, si sa, nel calcio al cuor non si comanda. E Dino Celentano, scomparso questa mattina all’età di 74 anni, ha legato la sua vita a questo sport. Tanti anni da dirigente ed un impegno costante per il calcio: è stato anche promotore del premio “Football Leader” di Amalfi, mettendo a disposizione il suo hotel “Il Saraceno” appena pochi giorni fa, nonostante le sofferenze di una malattia con la quale combatteva da più di un anno lo ha strappato via dal mondo di domenica, il giorno che tutti i napoletani passionali come lui dedicano al calcio.

Un colore lo ha accompagnato per tutta la vita, l’azzurro. L’azzurro del Napoli, squadra della sua città e del suo cuore. Una fede per cui lui ha combattuto, scrivendo quella che ancora oggi è la pagina più importante della storia del Napoli. Erano gli ultimi giorni di un caldo mese di Giugno del 1984, ore conclusive del calciomercato estivo. Il presidente azzurro Corrado Ferlaino voleva regalare al pubblico del San Paolo il calciatore più forte del mondo ma, dopo una lunga ed estenuante trattativa, non riuscì a sconfiggere la resistenza di Joan Gaspart, vicepresidente del Barcellona. Fortuna ha voluto che ci fosse lì Dino Celentano, con la sua testardaggine e il suo amore per il Napoli. Ripartì per la Spagna con l’allora direttore generale Antonio Juliano, con un solo obiettivo: portare Diego Armano Maradona al San Paolo. Sbatté il pugno sul suo tavolo di fronte all’ennesima titubanza, dando una scossa a quella trattativa infinita.  Un po’ l’astuzia e l’intraprendenza dei dirigenti napoletani, un po’ la voglia del fuoriclasse argentino di trasferirsi al Napoli, ma alla fine questo matrimonio si fece. Il tutto condito da uno straordinario colpo di genio di Corrado Ferlaino: il presidente partì per Barcellona soltanto ad un’ora dalla chiusura del mercato depositando in Lega una busta vuota contenente, soltanto apparentemente, il contratto di Maradona. Busta che fu sostituita soltanto la mattina del giorno dopo, quando il calciomercato era ormai chiuso. Per una storia che è diventata una leggenda del calciomercato.

Ma erano tempi diversi, dove la passione e l’amore di dirigenti come Celentano bastavano per scrivere la storia di una piazza calda come Napoli. Il resto è storia conosciuta: 70 mila cuori ad accogliere al San Paolo il calciatore più forte di tutti i tempi, due scudetti, una coppa Uefa, due coppe Italia ed un legame che mai s’interromperà. E su tutto questo c’è anche la firma di Dino Celentano, dirigente buono che riuscì a portare Maradona a Napoli. E questo è bastato per farlo passare alla storia. Finita qui? No, perché Celentano ha legato il suo nome ad un’altra squadra negli ultimi anni della sua vita. Un’isola, tanto bella quanto appassionata per i colori della propria squadra. Dall’azzurro del Napoli, al gialloblù dell’Ischia: palcoscenici diversi ma stessa passione e voglia di vincere per un dirigente dal cuore d’oro come lui. Arrivato sull’isola con il suo ricco bagaglio di esperienza, si è calato subito nella realtà del calcio dilettantistico. E anche ad Ischia ha vissuto due anni ricchi di successi: prima la storica promozione in Seconda Divisione e, successivamente, quella nella Lega Pro unica. In mezzo uno storico scudetto di serie D, a coronamento di un biennio intenso e vincente. Gli sono bastati due anni per conquistare il cuore di un’intera isola.

Perché chi non s’innamorerebbe del dirigente buono? Ovunque è passato ha lasciato un ricordo indelebile ed oggi tutto il mondo del calcio piange un uomo tenace, onesto e genuino. Con quel miracolo che ha fatto sognare Napoli e che ha colorato d’azzurro tutta la sua vita.

 

Fonte: Mario Lubrano Lavadera per gianlucadimarzio.com

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