Impietose le immagini. Impietosi i dati. Gli stadi italiani, salvo rarissime eccezioni, sono un’autentica vergogna. Siamo staccati anni luce dalle Nazioni che contano. Ma adesso c’è chi si ribella. Chi coltiva un sogno. Si chiama “B Futura”: il progetto è stato presentato a Roma dal presidente Andrea Abodi. Non le solite parole, ma finalmente qualcosa di concreto. “Ci rivediamo fra sei mesi”, ha detto Abodi chiudendo i lavori e spiegando che in futuro ci si potrà iscrivere al campionato “solo con il proprio stadio”. Il Sassuolo, primo, ora gioca a Modena con pochi spettatori: ma di stadio nuovo, pare, il patron Squinzi, anche n.1 della Confindustria, non ne vuole sapere.
In Serie B lo scorso anno la media spettatori è stata di 6.128 (quest’anno saranno di meno, perché Pescara, Toro e Samp sono state promosse in A). Nella seconda serie inglese e tedesca la media sfiora i 18.000 spettatori a partita, quasi come da noi in serie A. Anche Spagna e Francia ci superano nella seconda divisione. Gli stadi italiani di B hanno un’età media di 57 anni e un’utilizzazione del 33,5% (per due terzi sono vuoti!). In Inghilterra hanno 17 anni di media, in Germania 7. Le immagini sono veramente impietose per noi. In B sei impianti sono in deroga, 13 su 22 hanno la pista di atletica, due i velodromi. Ma non solo la B sta male, è tutto il sistema calcio in Italia che è da rivedere. Giancarlo Abete ha spiegato che “la Nazionale può disputare gare ufficiali solo in 12 impianti (domani è a San Siro, ndr), in 10 Regioni su 20. Niente stadi adatti agli azzurri in Veneto, uno solo, cioè Modena, in Emilia Romagna. Bologna e Parma possono ospitare solo amichevoli. Lo stesso Bari. Bisogna passare dalle parole ai fatti e la B lo vuole fare”. La Figc si è mossa sul piano stadi, con un corso per manager diretto da Michele Uva. Abodi ha stretto accordo coi Ministeri, con i costruttori, i Comuni, la Finmeccanica, l’Istituto del Credito Sportivo. Uno stadio da 15-20.000 posti, multifunzionale, non costa cifre assurde: circa 1.200-2.000 euro ogni posto a sedere.
“Noi ci crediamo anche se spesso ci troviamo soli”, ha detto Abodi. Nessuno presente della Lega di A, nessuno della Lega Dilettanti, solo il consigliere federale Mormando per la Lega Pro. Il calcio italiano non sa fare sistema. Abodi ha proposto 3 posti in consiglio federale per la Lega A, 1 per la B e 2 per la Lega Pro. Difficile trovare un accordo: ci penserà entro il 30 ottobre il commissario ad acta Giulio Napolitano. Forse usciranno dal governo del calcio gli arbitri, salvando però autonomia gestionale e finanziaria. Su questo le quattro Leghe sono compatte. Ma su tutto il resto, ognuno viaggia per conto suo. Abodi ha lanciato per primo la tv della Lega (la A voleva farlo). Ora il piano stadi, aspettando Godot (la famosa legge: oggi all’adunata di Abodi si è affacciato solo l’onorevole Claudio Barbaro, relatore alla Camera). Poi B solidale. Non solo: il n.1 della Lega cadetta ha in mente anche una riforma dei campionati (vedi Spy Calcio del 12 ottobre): 18 club in A (“ma le società non sono d’accordo”, ha spiegato Abete), 20 in B, 40 o 60 in Lega Pro. Ma qui un piano non c’è. Ognuno va per la sua strada. Ma fra i presidenti di A cresce la stima per Abodi: ha idee, iniziative, lavora a tempo pieno. Un vero manager, preparato. Certo, non è un notaio. Tantomeno un “signorsì”. Se dovesse farcela a prendere il posto di Maurizio Beretta (persona degnissima, ovviamente, ma anche top manager di UniCredit…), alla Lega di B potrebbe andare l’attuale direttore generale Paolo Bedin, che molto ha imparato in questi anni al fianco di Abodi.
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