ROMA – Subito un Consiglio federale per varare l’ «aggiornamento» della norma che ha portato alla chiusura del Meazza. Il 16, al massimo il 17 ottobre. Le idee sono chiare: chiusura solo dei settori da cui provengono i cori; gradualità delle sanzioni; “evidenza” del comportamento illegale (il coro, in sostanza, non deve essere episodico o intonato da poche persone). Giancarlo Abete ha immediatamente risposto alla lettera di Maurizio Beretta, presidente della Lega, nella quale si chiedeva «l’allineamento più puntuale delle norme italiane a quelle Uefa, e il chiarimento definitivo sulle circostanze attenuanti/esimenti, attraverso l’adesione dei club a specifici programmi di formazione e sensibilizzazione anti-razzismo che la Lega ha già deciso di varare autonomamente» . Il Cf si svolgerà dopo la seduta (e la sentenza) della corte di giustizia federale sul ricorso del Milan, prevista per domani. Un intervento lo ha chiesto anche il governo. Ieri il ministro per gli affari regionali, le autonomie e lo sport, Graziano Del Rio intervenendo alla Camera al «question time» per rispondere a una interrogazione sul caso Meazza, ha sollecitato un tavolo tra «gli organismi del calcio e i responsabili del Viminale» per definire le «linee guida» in base alle quali «distinguere le espressioni di intolleranza, pregiudizio e disprezzo nei cori dei tifosi, da quelle che invece hanno un tono ironico e non offensivo».
PREOCCUPAZIONI – La chiusura di San Siro è diventata un caso di Stato. Adesso si teme che possa diventare un problema di ordine pubblico. A legittimare la preoccupazione, questa alleanza trasversale tra gruppi ultrà che ricorda quanto avvenne per la “tessera del tifoso”. Di qui le prudenze. E le aperture. Peraltro già manifestate da Abete e ieri soltanto ribadite. Con una precisazione: «Non si tratta di marcia indietro». A via Allegri vogliono evitare che si possano saldare, in un dannoso rapporto di solidarietà, i tifosi “buoni”, cioè la stragrande maggioranza, e le minoranze che si dedicano agli insulti razzisti e discriminatori. Il presidente federale ha messo al lavoro l’ufficio legale di via Allegri per studiare la riforma dei meccanismi sanzionatori. La linea di azione sembra piuttosto chiara: la discriminazione territoriale porterà alla chiusura dei settori da cui partono i cori. Ma si farà anche un più attento esame del contenuto di quello che viene urlato perché «c’è l’approccio ironico che tutti noi ci auspichiamo nella dialettica naturale del tifo, c’è l’offesa che è offesa e non discriminazione e c’è poi la discriminazione territoriale». Con una precisazione: «Cerchiamo di non cadere nel ridicolo facendo passare delle forme di offesa triviale come espressioni di goliardia o ironia».
MINISTRO – Una linea in pieno accordo con quella di Del Rio che ha invitato a «distinguere i cori dei tifosi che hanno carattere offensivo e razzista da quelli ironici, per evitare punizioni eccessive». Una cosa è certa: la norma non sarà stravolta. La discriminazione territoriale dovrebbe essere confermata nonostante la sollecitazione ad abolirla che sembra venire dalla lettera inviata dal presidente della Lega, Maurizio Beretta nel momento in cui afferma «che non sono in alcun modo in discussione i casi eclatanti di comportamenti lesivi della dignità delle persone per motivi di razza, colore, religione o origine etnica, che vanno contrastati con ogni mezzo e sono, non a caso, sanzionati dall’Uefa». Nella sua missiva, Beretta sottolinea le contraddizioni della normativa esplose in queste prime giornate: cori «valutati in maniera difforme» dai vari organi di giustizia sportiva, «atteggiamenti di sfida, quando non apertamente ricattatori da parte di frange radicali della tifoseria» , pesanti sanzioni per i club a causa di «comportamenti di sparute minoranze» , i diritti legittimamente rivendicati dagli abbonati che si sono ritrovati «nell’oggettiva impossibilità di utilizzare il proprio titolo di accesso, per colpe non proprie».
CONSEGUENZE – Beretta sottolinea anche le conseguenze delle decisioni della giustizia sportiva. Da un lato l’immagine di un’Italia «attualmente investita da una vera e propria “emergenza razzismo”» , dall’altro la saldatura tra le diverse frange del tifo ultrà con la conseguenza che la chiusura degli stadi si trasforma nell’occasione di una «sfida aperta verso le istituzioni o, peggio, di ricatto esplicito nei confronti delle società» .
Fonte: Corriere dello Sport
La redazione
F.G.
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