Per 80’ Juventus-Napoli è stato tutto tranne che un match spettacolare. Un’ora e venti di prudenza tattica, agonismo e poche azioni da gol. Vero è che la partita sembrava giustamente destinata a chiudersi sullo 0-0, ma d’altra parte con le grandi squadre è sempre un rischio grosso adagiarsi sul pareggio senza reti, perché prima o poi, anche con un po’ di fortuna, un guizzo sanno sempre trovarlo. E così è stato, con l’uno-due firmato Caceres-Pogba. A tratti, il Napoli ha anche saputo prendere l’iniziativa del gioco, ma di tiri in porta veri e propri non se ne sono visti.
I LATI POSITIVI – Dopo il primo quarto d’ora di timore, che ricordava un po’ quello di Supercoppa, il Napoli si è risvegliato e ha retto bene il peso dello “Juventus Stadium”. Soprattutto la difesa azzurra, tolta qualche sbavatura di Campagnaro, si è comportata egregiamente. E Behrami, a fare da diga poco più avanti, è stato come al solito encomiabile. Forse proprio la qualità delle due difese (anche il trio juventino è stato ineccepibile) è stato il fattore che ha inchiodato al lungo il risultato sullo 0-0. La partita è stata molto fallosa perché molto accorta, e in tal senso ben diretta da Damato. L’agonismo e la concentrazione hanno sacrificato lo spettacolo, ma non è mancata l’intensità a tenere vive le emozioni. In alcune fasi gli azzurri hanno anche preso il controllo del pallone, ma senza costruire pericoli dalle parti di Storari.
COSA VA RIVISTO – Se il Napoli non ha prodotto palle-gol (tranne la sfortunata traversa su punizione di Cavani), il motivo non è solo la qualità della difesa bianconera. Mazzarri ha messo in campo un undici con il baricentro bassissimo: bastava osservare la linea Zuniga-Hamsik-Maggio, molto più arretrata del solito. Tanto che Hamsik, pur avendo il compito di togliere respiro a Pirlo (così aveva dichiarato Mazzarri), spesso si trovava a venti metri dal playmaker juventino e non aveva il tempo di raggiungerlo per far pressing. E in generale, si è visto molto più Pirlo che Hamsik. Ma la ragione non è legata alla prestazione specifica dei due, quanto alla scelta tattica delle rispettive squadre: troppo spesso il Napoli ha prodotto passaggi orizzontali e lenti, affidando poi le verticalizzazioni a lanci lunghi a scavalcare il centrocampo, che per lo più terminavano sul fondo o fra le braccia di Storari. Ciò che più ha colpito in negativo, del Napoli, è stato un possesso palla che dava sempre la sensazione di essere precario: pochi passaggi di seguito, trame di gioco iniziate da appoggi troppo spesso imprecisi e un po’ “sporchi”, e una certa, generale difficoltà a tener palla in modo produttivo.
Per il resto, gli azzurri non hanno sfigurato: almeno, la Juventus non ha fatto quasi nulla di più, fino all’ottantesimo minuto, quando Caceres ha sfruttato l’ennesima disattenzione dei difensori napoletani su calci piazzati o palle alte. Ancor più episodica l’occasione capitata a Pogba e sfruttata egregiamente dal nuovo entrato, che ha di fatto chiuso la partita. Tardive, invece, le sostituzioni fatte da Mazzarri, un po’ troppo passivo rispetto all’andamento del match: giusta la sua stessa autodifesa (sembrava inopportuno cambiare un elemento in una formazione che mostrava equilibrio), ma avrebbe dovuto pensare più in fretta a qualche contromisura rispetto alla Juventus, che di cambi ne aveva già fatti tre, prima del vantaggio. Quantomeno sarebbe stato necessario stabilire chi dovesse marcare Caceres sui tiri piazzati, dato che l’uruguayano ha potuto appoggiare in rete del tutto indisturbato.
Ma è andata così, e al clan partenopeo non resta che rimboccarsi le maniche e ritrovare fiducia, convinzione e soprattutto qualità di gioco, non brillante a Torino anche per l’importanza della partita, la forza dei padroni di casa e la sempre accanita ostilità dello stadio.
A cura di Lorenzo Licciardi
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