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A squarciagola per cantare la gioia di Napoli

C’è Ponte Milvio dietro quella curva, ma sembra Piedigrotta: un’esplosione di botte e mortaretti al gol di Cavani e ancora al raddoppio di Hamsik, prima che mezzo Olimpico inizi a cantare squarciagola oje vita, oje vita mia. Juve-Napoli è un concentrato di emozioni forti per sessantacinquemila cuori ma la notte si tinge solo d’azzurro. Fanno festa i napoletani, che alla premiazione invadono il campo, niente double per i bianconeri, devono “accontentarsi” dei bagordi di una settimana prima. Per la rivincita basta aspettare agosto, la Supercoppa.

L’ATTESA – La pioggia avrà un po’ infastidito gli assi del Foro Italico, ma non il popolo della Tim Cup. C’è fretta di entrare all’Olimpico, ma non per la paura di bagnarsi, no. Nessuno vuole perdersi neanche un minuto di un lungo prepartita, scandito dal countdown dei tabelloni che detta il ritmo. A due ore dal fischio d’inizio c’è già uno splendido colpo d’occhio, alle 20 nelle due curve, la Nord riservata ai napoletani, la Sud ai bianconeri, non entrerebbe neanche uno spillo. Tanti colori, qualche indizio che svela scelte diverse in tema di coreografia. Nella curva juventina c’è un grandissimo striscione che aspetta solo di essere srotolato: è una gigantografia della Mole, con due zebre ai lati, lo scudetto fresco fresco e tre stelle a mettere subito le cose in chiaro, a ribadire – casomai ce ne fosse bisogno – che l’aritmetica del cuore e dell’orgoglio segue regole diverse da quella della burocrazia. Niente megastriscione dall’altra parte, ma una parata di stelle: tante piccole luci, lampadine tascabili o semplici schermi di telefonini, che s’accendono all’improvviso illuminando la Nord e la tribuna Tevere come se fosse un solo grande presepe.
L’INNO – Juve-Napoli è una sfida che si gioca sugli spalti, prima ancora che in campo. Una sfida di cuori che battono forte, di corde vocali che sfidano l’umidità della notte romana. Una rivalità storica, calcisticamente parlando. Ma anche in senso storico punto e basta: vecchie ruggini tra dinastie, Borbone contro Savoia, nostalgie. Poi come sempre c’è chi si lascia prendere la mano, anzi la lingua, e va troppo oltre: da censurare i vecchi ritornelli sul Vesuvio e sul colera, da una parte, i fischi al momento dell’inno dall’altra. Fortuna che la maggioranza dell’Olimpico è tutt’altro che silenziosa: tutti zittiti. Anche perché, prima del fischio d’inizio, c’è da ricordare le vittime dell’attentato di Brindisi e del terremoto in Emilia-Romagna: un lungo applauso spontaneo e poi un silenzio vero, commosso. Tutto questo dopo, appunto, l’inno di Mameli. Niente banda, tocca ad Arisa esibirsi in un’esecuzione “a cappella”, solo voce, nel cerchio del centrocampo. Esecuzione non facile in quel momento, questo va detto. Scelta molto in stile Usa, che strizza l’occhio al Superbowl dove l’inno, per dire, un anno fa, l’ha cantato però una certa Christina Aguilera. E pazienza se ha pasticciato un po’ con le parole. In tutto questo si movimenta un po’ anche la tribuna autorità. C’è il presidente del Senato, Renato Schifani, la seconda carica dello stato, tocca a lui consegnare la coppa al posto del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Schifani ha condannato i fischi durante l’inno: « Fischi incivili, inaccettabili e mi hanno sconvolto: credevo che in una giornata come questa il Paese potesse dimostrare di unirsi sotto un inno che è sinonimo di solidarietà, e non che si potesse dar luogo a gesti del genere ». Accanto a lui i vertici dello sport, Petrucci e Abete, un po’ di politici e qualche vip. Qualche fila più su ci sono i due presidenti, Andrea Agnelli e Aurelio De Laurentiis, che si salutano sportivamente prima del fischio d’inizio. Il nipotino di De Laurentiis, il piccolo John, entra in campo tenuto per mano da Del Piero. Agnelli è con la moglie, accanto a loro c’è Beppe Marotta, l’ad bianconero. Una fila più in giù c’è John Elkann con la famiglia. Tra gli ospiti d’onore anche Gilad Shalit, il militare israeliano rapito da Hamas nel 2006 e liberato lo scorso ottobre dopo lunghe trattative: è un tifoso juventino.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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