Quando il cittadino onorario di Reggio Calabria (la storia la sapete: è sua la firma sulla storica salvezza con 11 punti di penalizzazione) durante una grandiosa festa celebrativa organizzata all’Arena dello Stretto, ha ricevuto dal sindaco Giuseppe Scopelliti la pergamena in cui lo si dichiarava per ora e per sempre cittadino onorario della città; gli è scattato qualcosa dentro. Succede sempre così, a Walter Mazzarri. Lo dice la sua storia. E le sue parole. Raggiunta la consapevolezza che in serie A poteva starci (e pure bello comodo), ha cominciato a darsi degli obiettivi. Salvo la Reggina, nonostante la mazzata: salvata. E prima ancora: porto in A il Livorno, fatta pure quella. E prima ancora: divento allenatore, appunto, lo è. La maturità non è uno stato conservativo, ma una certificazione della propria bravura che – di volta in volta – alza l’asticella delle ambizioni. A Genova assapora un certo tipo di atmosfera, se la vede con campioni da riciclare ( Cassano), insomma, si abitua ad un certo tipo di tensioni. Impara, e molto, soprattutto quando le cose vanno male, nella seconda stagione blucerchiata: il rapporto è consunto, l’addio vicino. La data da ricordare è il 6 ottobre 2009, sono già passate sette giornate di campionato. Il Napoli esonera Roberto Donadoni e chiama Walter Mazzarri. C’è la sosta per le nazionali. Il 18 ottobre debutta al San Paolo: Napoli-Bologna 2-1. E’ l’inizio della nuova avventura per il ragazzo che sognava di essere Antognoni e invece, con gli anni, ha scoperto che è molto meglio essere se stessi, svegliarsi la mattina, guardarsi allo specchio e trovare consolazione nel fatto che quello lì davanti, col ciuffo, l’aria imbronciata e tutto il resto, sei proprio tu: Walter Mazzarri da San Vincenzo, provincia di Livorno, nato cinquanta anni fa, e sembra ieri.
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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