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A casa di Aronica: “La maschera di gorilla per ricordare a De Laurentiis che sarebbe rimasto”

Il sogno Champions si può vivere anche a distanza nel cuore e nella mente di chi ha visto il proprio figlio raggiungere il coronamento di una carriera. E allora anche a Palermo è possibile tifare Napoli con le stesse palpitazioni del San Paolo. Basta addentrarsi in corso Calatafimi quasi ai piedi di Monreale. Lì vive la famiglia Aronica, nello stesso posto dove è cresciuto Salvatore, il difensore del Napoli che dai campi disastrati di Bagheria è arrivato sentire la musichetta della Champions senza subire alcun contraccolpo.

Gli inizi E dire che da bambino Salvo, così lo chiamano in famiglia, non sembrava interessarsi al pallone «Non era per niente attratto dal calcio – ammette mamma Piera -, gli piaceva la musica. Chi invece giocava sempre al pallone era suo fratello». Il calciatore di casa era Francesco, cinque anni più grande, difensore centrale anche lui, un carriera che lo ha portato fino alla C2 con il Licata. Se Salvatore è diventato un giocatore di livello, lo deve anche al fratello. «Salvo ha iniziato a interessarsi al calcio quando ha cominciato seguire le mie gare nelle giovanili del Capaci- racconta Francesco -. L’anno seguente si iscrisse alla scuola calcio. Dopo due anni venne acquistato dal Bagheria diventando titolare: abbiamo giocato anche insieme per un periodo». Fino a quando non arrivò la Juve. Acquistato e aggregato alla prima squadra. Due stagioni con Lippi. Che la Champions fosse nel suo destino si era capito quando ha sfiorato l’esordio col Manchester United, Lippi gli disse «riscaldati ».

Lacrime Da Manchester a Manchester anche se sull’altra sponda l’obiettivo è stato centrato lo stesso anche se dopo tanti anni e tanta gavetta. «La mattina della gara col City, Salvo ci ha fatto commuovere- racconta papà Giovanni – ci ha telefonato dicendoci: “anche se non l’ho fatto con la Juve, ci sono arrivato” ». Il carattere è la sua forza, quel temperamento che da ragazzo lo portava a combinarne di tutti i colori, come scappare col motorino davanti all’alt di un carabiniere. Lo stesso carattere che lo ha aiutato a vivere anche i momenti più difficili. «È forte, ha tenacia-dice con un filo di commozione Francesco, il fratello-quelle cose che sono mancate a me. Tutto quello ha conquistato lo deve solo a lui». Oggi Francesco allena i pulcini del Palermo. «Se ha preso il patentino di allenatore – racconta la mamma – è perché Salvo ha insistito». Ostinato e convincente, la maschera da Gorilla indossata l’indomani della presentazione di Inler ne è stata la prova. «De Laurentiis voleva cederlo – spiega il padre -e lui con quel gesto ha voluto dimostragli che sarebbe rimasto e lo avrebbe convinto e ha avuto ragione». Palermo e Napoli il connubio che si ripete a casa Aronica, perché il rosanero è sempre il colore della città, anche se Salvo non l’ha mai indossato. «Ma noi tifiamo Napoli, tiè, come dice la pubblicità – ammette Roberta, la sorella – Lui a Napoli ha trovato la sua dimensione e ha raggiunto traguardi importanti ». In Champions il Napoli ha stupito, e da casa Aronica parte la profezia. «Adesso c’è la prova Bayern, saremo tutti lì. Se dovessimo superare il girone-chiude mamma Piera- per me andiamo in finale».

La Redazione

C.T.

Fonte: Gazzetta dello Sport

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