Dov’è finito? C’è un angolo del campionato, quattro partite appena, e là dentro c’è el pipita: trecentosessanta minuti di digiuno anacronistico, per chi in vita sua ha viaggiato sempre alla media d’un gol ogni due partite. E c’è dell’altro? Semplicemente altri novanta minuti, quelli con il Porto, la delusione feroce di lasciarsi alle spalle anche l’Europa League dopo la Champions e l’amarezza dentro per non essere riuscito ad essere se stesso: e siamo a 450 minuti.
RIECCOLA – L’infinito è altro, ovviamente: ma 450 minuti, per chi si chiama Gonzalo Higuain, rapprtesentano l’enormità, la distanza siderale dalla propria tendenza, dalla propria forza d’urto, dalle proprie capacità balistiche che poi sono raccontate dalla storia, ancora prima che dalla statistica, vengono da anni e anni di Real (Madrid) e pure da un curriculum vitae impreziosito dalla Nazionale argentina: perché mica si nasce pipita, semmai ci si diventa, incantando Maradona e chiunque altro orbiti dalle parti della casa blança. Però, per uscire dal guscio o da quel tunnel, c’è Napoli-Lazio, c’è quella «amica» carissima che è già stata utilizzata per lasciarsi alle spalle lo stesso periodaccio, per leccarsi le ferite nell’autunno scorso e pure in pieno inverno.
IL PRECEDENTE – Il 27 ottobre del 2013 s’è appena chiuso un caso ma se ne sta aprendo un altro, perché l’Higuain che contro il Torino segna una doppietta su rigore è lo stesso che, cinque giorni prima, a Marsiglia, ha tenuto Napoli con il fiato sospeso. Sono storie di muscoli di seta, di incidenti postdatati, di leggende metropolitane: però esistono e riempiono l’immaginario collettivo. Due gol al Torino e finisce là, perché (ma solo in campionato), Higuain sparisce: segna all’OM, un’altra doppietta, ma va in bianco con Fiorentina (però due assist) e Catania, Juventus e Parma e quando compare all’Olimpico, per Lazio-Napoli, è già crisi. Ops: l’1-0 è di Higuain e pure il 3-1 e i salmi, si sa, finiscono in gloria.
REPETITA – Ma poi viene il Grande Freddo, viene gennaio, viene il 2-2 di Bologna nel finale che infiamma Napoli e viene l’1-1 con il Chievo che la deprime; viene in soccorso del momento-no un dato: el pipita non segna più su azione, l’ha fatto al «Dall’Ara» e a Cagliari, ma dal dischetto, e s’è fermato al 15 dicembre con l’Inter, su azione. 29 gennaio: è Napoli-Lazio, stadio San Paolo, ed è una partita nella quale Reja concede pochissimo spazio. C’è in palio il passaggio alle semifinali di Coppa Italia, c’è la Roma in lontananza e quando ormai pare finita ed i supplementari s’allungano su Fuorigrotta, riecco el pipita, il castiga-Lazio, che su una palla sporca di Callejon rinfresca se stesso e si concede il lusso di tenere in vita un sogno, quello che condurrà poi all’Olimpico di Roma per l’appuntamento del 3 maggio.
I CONTI – Ma quelli tornano, perché ventuno reti, complessivamente, rappresentano una cifra: ci sono i quattordici di campionato, quelli in coppa Italia e quelli in Champions; e poi ci sono gli assist, sparsi ovunque, e poi c’è una consistenza da fuoriclasse accertata e toccata con mano; e però adesso, mentre arriva la Lazio, che sembra essere un toccasana, non va rimosso quell’ombra di cinque partite senza el pipita ma pure quella «macchia» di Parma, quel volto segnato dalla malinconia per la sostituzione, quel «vaffa» percepito attraverso il labiale delle telecamere.
Fonte: Corriere dello Sport
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