Che sia Jorge Mendes la persona che ha offerto 650 mila euro a quelli di Football Leaks per ottenere tutti i documenti in loro possesso e interromperne così la pubblicazione? In effetti, l’ipotesi potrebbe anche essere plausibile, visto che la maggior parte dei contratti resi noti sono proprio di suoi assistiti. Ma per ora quello che sembra certo è che il potentissimo agente abbia assoldato degli investigatori privati per cercare d’individuare e localizzare chi ci sia dietro l’anonima piattaforma. E a rivelarlo è proprio uno dei creatori di Football Leaks, tale John (nome ovviamente di fantasia), in un’intervista a Spiegel che è riuscito laddove tutti (Mendes compreso) hanno finora fallito: ovvero, incontrare i “ribelli della rete” che da alcuni mesi stanno mandando in tilt il mondo del pallone. “Se vendessi i documenti in mio possesso, non sarei meglio di coloro che denuncio”, racconta questo moderno Robin Hood portoghese (per sua stessa ammissione, nonché fan di Cristiano Ronaldo) che al posto di arco e frecce usa una tastiera, una connessione internet e centinaia di gigabyte, pronti per essere messi in rete nelle prossime settimane “per svelare così al mondo come l’azienda calcio sia diventata una gigantesca organizzazione criminale, dove nessun trasferimento avviene senza cadere nell’illegalità o quantomeno siamo al confine”.
MISURE PRECAUZIONALI — John e i suoi collaboratori sanno bene che molti sono pronti a tutto pur di rintracciarli e farli chiudere. Ecco perché non si fermano mai più di due giorni nello stesso posto (l’intervista è stata realizzata in una non meglio precisata città dell’Europa dell’Est) e hanno installato un software nel telefonino che ne manomette il rilevatore GPS, così che rimandi le coordinate di una località vicina al Polo Nord. “Se dovessimo essere arrestati, abbiamo già preso delle misure precauzionali per assicurarci che la pubblicazione dei documenti non si fermi”, rivela ancora John, che ha fatto i backup di tutti i documenti (“le nostre fonti sono sicure e i documenti che pubblichiamo autentici”) e li ha nascosti in diverse parti del mondo: se il sito Football Leaks non riceve un codice specifico per sette giorni di fila, un computer in remoto comincia a spedire i file ad una casella postale anonima della piattaforma WikiLeaks e ad alcuni media selezionati. “Non mi preoccupa la polizia, bensì gli scagnozzi mandati a cercarci dagli agenti sportivi e dalle agenzie di marketing”. E per dimostrarlo, fa vedere al giornalista di Spiegel la lista di un gruppo d’investitori di una società di marketing sportivo, nomi kazaki e turchi che se si cercano in rete rimandano a link che contengono parole come “omicidio” e “crimine organizzato”. Insomma, dei pessimi soggetti. “Coi soli dati attuali, potrei provare alle autorità la frode fiscale in tutto il mondo per una somma di milioni a tre cifre, ma spero che mi diano ancora un po’ di tempo prima di arrestarmi”. O magari anche peggio.
Fonte: gazzetta.it
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