“Le valigie sono pronte. Ho appena fatto il visto per gli Stati Uniti: in settimana sarò a Orlando, poi mi raggiungeranno i miei figli e mia moglie Federica. Lei parla benissimo inglese, io l’ho studiato ai tempi del West Ham: non ci saranno problemi con la lingua. Non vedo l’ora di giocare in MLS e sfidare Giovinco, Pirlo e De Jong”.
A Orlando ha avuto uno sponsor come Kakà.
Ricky è un amico e sono felice di ritrovarlo. La sua presenza è stata un stimolo in più per accettare. Un campione come lui testimonia le ambizioni del club. Il soccer e l’MLS sono in grande crescita: il livello del campionato si è alzato moltissimo negli ultimi anni. In Italia non mi hanno cercato con la stessa convinzione. Da tempo sentivo il desiderio di affrontare un’esperienza all’estero.
Ha già scelto il numero di maglia?
Sono devoto a Padre Pio e volevo il 23 (il 23 settembre si celebra San Pio, ndr), ma non è libero. Prenderò il 22 che mi ha portato fortuna al Milan. In qualche modo mi sembrerà di restare legato ai rossoneri.
Il suo Milan tornerà in Europa?
Sono convinto che ce la farà per il terzo posto (la stessa idea di Ronaldo, il Fenomeno). Il Milan deve tornare a casa sua, in Champions: tifo per i miei ex compagni. C’è un grande gruppo, unito e composto da ragazzi d’oro. Con tanti giovani italiani come Donnarumma, Antonelli e Bertolacci che diventeranno delle bandiere. Le vittorie si costruiscono con spogliatoi uniti e con uomini veri, al Milan ci sono. Per questo tornerà in alto.
Con Mihajlovic ha trovato poco spazio.
Non ho rancore, anche se ho giocato appena 65 minuti in campionato e una mezz’oretta in Coppa Italia. Io mi sono sempre comportato seriamente e da uomo. Pur non giocando, mi sono messo a disposizione dei compagni e dell’allenatore. Non ho rimpianti. Il tecnico ha fatto le sue scelte.
Lei ha indossato tante maglie, cosa ha avuto di speciale quella rossonera?
Quando scendevo in campo con la maglia del Milan mi sentivo invincibile. Era un’armatura. Sono rimasto innamorato di quei colori che mi hanno regalato emozioni uniche. Da semi-sconosciuto sono diventato idolo e protagonista in uno dei club più importanti del mondo. Se ripenso al coro che mi hanno dedicato i ragazzi della curva mi vengono ancora i brividi: mi hanno fatto sentire un campione, manco fossi Pelè…
Chi le ha mandato un messaggio speciale per la nuova avventura negli States?
Boateng. Con Prince c’è un legame profondo. È un ragazzo eccezionale e sarà molto importante per il Milan. È uno dei pochi amici veri che ho nel calcio insieme a Di Natale, Quagliarella e Darmian.
Oggi i rossoneri sfideranno la squadra della sua città.
La squadra di Sarri sta facendo cose straordinarie. Sono napoletano e tifoso, perciò dico Napoli per lo scudetto. Il cuore mi suggerisce così.
Saranno contenti i suoi ex compagni della Juventus…
Ho tanti amici alla Juve: se superano l’ostacolo Bayern, possono arrivare nuovamente in fondo alla Champions. Tricolore a Sarri e coppa ad Allegri: credo sarebbero felici tutti.
Lei ha avuto tanti allenatori importanti, a partire da Zeman.
Gli devo tutto. Arrivavo dalla Berretti della Juve, ero un signor nessuno. Mi ha lanciato in B ad Avellino a 18 anni e fatto diventare calciatore.
Iachini?
A Piacenza mi ha trasformato in mezzala da centrocampista centrale che ero, dando la svolta alla mia carriera. Ancora oggi lo sento spesso: si è creato un rapporto di amicizia fra le nostre famiglie.
Delio Rossi.
Con lui mi sono affermato in Serie A col Palermo. I suoi consigli sono stati fondamentali.
Con Allegri si è visto il miglior Nocerino?
Mi ha voluto fortemente al Milan e trasformato in un calciatore di livello internazionale. Al mio arrivo a Milanello ero stato accompagnato da etichette e pregiudizi: Allegri mi ha dato subito fiducia e fatto sentire importante, nonostante fossi arrivato in uno spogliatoio pieno di campioni. Con lui sono migliorato negli inserimenti offensivi. Quell’anno, infatti, ho segnato 11 gol.
E dire che si diceva che i suoi gol fossero solo merito di Ibra…
Su di me ne ho sentite tante, troppe. In Italia ti appiccicano addosso delle etichette e fai fatica a far capire alle persone la realtà. Sicuramente giocare al fianco di campioni come Ibrahmovic, Cassano e Boateng mi può aver facilitato. Ma non mi sembra che tutti siano andati in doppia cifra, evidentemente qualche merito ce l’avrò avuto anche io. Almeno nello sfruttare al meglio i loro assist e nel capire i loro movimenti…
Infine Donadoni.
Ho scelto Parma per lui, pur sapendo che non avrei guadagnato un soldo. Attraversavo un momento difficile: nel giro di un mese avevo perso mamma e papà, il calcio era diventato l’ultimo dei miei pensieri. Stavo pensando di smettere. Il mister mi è stato vicino e mi ha aiutato a ritrovare la gioia di giocare a calcio. Donadoni e il suo staff sono stati una famiglia. A Bologna sta facendo grandi cose e gli auguro il meglio.
Fonte: Gazzetta.it
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