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Il Mattino: Juve-Napoli dalla A alla Z, tutti i segreti della notte scudetto

Ventidue e più personaggi in cerca d'autore allo Juventus Stadium dove non si affittano curve ai meridionali.

Ventidue e più personaggi in cerca d’autore allo Juventus Stadium dove non si affittano curve ai meridionali. Cursori, anticipatori, deragliatori, soubrette, lanterne magiche e fuochi fatui, furbetti del rigorino, pochi italiani e più strangers in the night, maledetti toscani e bagnolesi di nascita, principi, creste e piedi biforcuti, campioni e lampioni, delizie al timone, il bianco e il nero, undici sfumature di azzurro, le mille aspettative e una notte, la madre o la maledizione di tutte le partite.

A come ALBIOL. Era il principe del foro quando il Napoli imbarcava acqua e gol, ora è il re del chiavistello. Blinda e comanda la difesa. Elegante e deciso. Coperto da Koulibaly, esce a impostare l’azione.

B come BUFFON. Monumento bianconero, di marmo di Carrara, dove è nato, capopopolo, psicologo, agit-prop, imperioso vocione a frustare giovani e vecchi, risolutore della crisi Juve. A Parma, simpatizzante della destra, mostrò una maglietta sulla quale era scritto Boia chi molla. Alè. Poiché si sa che chi si ferma è perduto (14 successi della Juve), ha già sentenziato: il Napoli è primo, ma noi vinceremo lo scudetto. Vincere e vinceremo. Ma quella volta, sotto Palazzo Venezia, non andò per niente bene.

C come CALLEJON. Con la Juve che non sa come combinare la difesa per l’infortunio di Chiellini, Calleti potrebbe andare a nozze, a zig-zag, rientri e puntate, paso doble e sortite centrali, fisarmonica spagnola che Mourinho volle al Real Madrid e che Sarri non lascia mai a riposo perché è un equilibratore tattico. È tornato a segnare e ha già infilato un gol alla Juve (cross di Insigne) ai suoi tempi di goleador, due anni fa, di marzo al San Paolo.

D come DYBALA. Il genietto mancino, promesso da Zamparini a De Laurentiis, poi dirottato alla Juve per 38 milioni più otto di bonus, è un talento estroso e imprevedibile, a 23 anni, che risolve le partite difficili. Definito il gioiello di Cordoba, la provincia argentina dove è nato, a Laguna Larga, nonna italiana, è stato meglio classificato da Gennaro Gattuso, noto esteta di Calabria, «due pagine avanti nel manuale del calcio».

E come EVRA. Pescando nel paradiso terrestre, la Juve scarta Adamo e prende Evra dallo United (tra i migliori terzini del mondo, diceva sir Ferguson) a prezzo stracciato (1,2 milioni) avendo raggiunto i 33 anni e usurato da 379 partite in Inghilterra. Senegalese, 14 centimetri più basso di Koulibaly, fa le sue corsettine e, a ogni morte di titolare, fa un gol.

F come FURIA. Non è proprio come Furia a cavallo del west che va più forte di un jet, ma questo Alex Sandro, brasiliano paulista, viene paragonato a Roberto Carlos, scatta e corre sulla fascia sinistra, dove forse l’aspetterà Hysaj, e deve essere proprio così, un tipo, come dire, fugace, la sua fuga per la vittoria. Sarà così, è costato 26 milioni.

G come GABBIADINI. Uscito da una canzone di Patty Pravo (ragazzo triste come me) ma con un nome da torero, Manolo, segna un gol alla Del Piero, tiro a giro di sinistro allo Juventus Stadium, bloccando la Juve sull’1-1 con la maglia della Sampdoria, 5 dicembre 2014. In panchina a Torino, potrebbe però capitargli l’occasione di battere ancora Buffon.

H come HAMSIK. Se gli si accende il genio nella lampada, nessuno come Marek, il nostro Aladino. È lui la stella polare, la stella cometa, la bussola, il motore e il rotore della squadra. È Gerrard, ha detto Sarri. Un centrocampista completo. Lo sostiene il ricordo di una notte magica a Torino. È Marek mosso, ondoso, agitato prima dell’uscio dell’area di rigore.

I come INSIGNE. La migliore barbetta di Frattamaggiore ha castigato la Juve all’andata segnando il primo gol sull’assist di Higuain. Tiro basso dal limite sulla destra di Buffon, un po’ goffo e un po’ sorpreso. A Torino l’altra volta (1-3), Buffon gli aveva respinto un calcio di rigore che David Lopez ribatteva in rete. Cannoniere in doppia cifra, record della sua carriera. Per uno che, da ragazzo, aveva il poster di Del Piero, si impone allo Juventus Stadium un gol a giro, ad arcobaleno, a stella filante, a coriandolo.

J come JORGINHO. Maria Teresa Freitas, la mamma del ragazzino brasiliano, di passaporto italiano per il trisnonno paterno, giocava al calcio, primo allenatore del figlio. Da bimbo lo portava a giocare sulla spiaggia di Imbituba, nel sud del Brasile dove abitavano. La sabbia ha plasmato i piedi di Jorginho. Piedi di seta, brasiliani, tocco morbido, ricamo. Ha il faccino del bravo ragazzo e un fisico non proprio da lottatore, ma sa essere anche deciso e duro recuperando molti palloni e molti giocandone. A Torino, il suo dirimpettaio sarà Marchisio, con gli occhi azzurri che non ne aggraziano la grinta di juventino duro e puro.

K come KOULIBALY. Nella terra d’origine avrà visto leoni e leopardi. Le zebre di Torino saranno un panorama da zoo. Concesse poco, all’andata, alla zebretta Dybala. Qualche problema con Zaza, il ragazzone più corpo che anima. Kalidou gioca senza battere ciglio, non protesta, non si lamenta, non alza le braccia. Ha 24 anni. È Mandingo e ha nel cuore l’eco delle note di N’doké (fratellino) battute dal tamburo di Seckou Keita.

L come LEMINA. Oggetto misterioso perduto nei meandri dello Stadium. Discendente dei pigmei del Gabon (ma lui è alto 1,83) arrivò alla Juve in agosto dal Marsiglia, valutato 10 milioni. Unica prodezza il gol al San Paolo. Poi, come si dice? Eleminato.

M come MORATA. Buttato via il toro di Pamplona Llorente (1,91), preso Alvaro piuttosto corsaro Morata (1,89), più giovane di sette anni, più mobile e più caro (20 milioni). Devasta e sovrasta, ma non sempre gli riesce e non sempre gioca. Sarà comunque una spina nella difesa azzurra. Staccare la spina.

N come NUTELLA. Se Cuadrado al cubo è un cioccolato amaro, Mertens è la nutella azzurra da spalmare sulla stanchezza bianconera al tramonto della partita, il colpo al fegato della Juve, il tip-tap sui tacchetti, la scossa, la risoluzione finale.

O come O PIPITA. E chi se no? O Pipita nostro è questo qua. 24 gol, 14 in casa, 10 fuori, 7 doppiette, 10 gol decisivi che hanno fruttato otto vittorie. All’andata un assist e il gol vincente. Juve castigata per la Supercoppa 2014, nella lontananza di Doha, due reti e un rigore nella lotteria dei penalty. Grinta, tecnica, potenza.

P come POGBA. Ha la crestona da gallo nero pitturata d’oro da re Salomone Marotta che dalle miniere juventine gli scuce 4,5 milioni a stagione (nessuno come Polpo Paul nella Juve). Tutto un tentacolo umano, un ballerino di prima fila, un cha-cha-cha, uno scorpione sintetico, un contorsionista del pallone con tecnica sopraffina e colpi da goleador. Alto 1,91 spesso ha la testa tra le nuvole. Quando torna sulla terra fa male.

Q come QUO VADO? E quién sabe? Si va ne la città dolente tra la sabauda gente, all’aeroporto di Caselle, in Piazza Castello, alla Continassa, nella città di Fred Buscaglione piccola così. Si va nella città fonduta. Si gioca di sera, una partita da gustare in un bicchiere di Barbera.

R come REINA. Si va alla guerra, occorre la parata militare. A Torino fa freddo: chiudere la porta, evitare gli spifferi e i pifferi, respingere, bloccare, volare così colà dove lui puote. Si vis pacem, para bello. E poi via col rap di Clementino: napoletano, c’è un signore che mi chiama così.

S come SARRI. Vigilia serena (tante e cchiù sigarette aggio appicciate), partita che si carica da sola, però fumarsi la Juve in una nuvola di sogno e poi andare al cinema con De Laurentiis (l’abbiamo fatta grossa).

T come TRIGLIA. Il livornese Allegri ha un po’ il profilo della triglia omonima. Lungo e sottile, esprime a singhiozzi l’ironia toscana, la battuta gli esce strozzata. Padre scaricatore di porto e madre infermiera, ha acquisito un aplomb di damerino lievemente scontroso. Il gesto di strapparsi la giacca a Modena quando, dopo l’autogol di Bonucci, il Carpi stava per pareggiare 3-3 con Lollo è secondo solo al gran rifiuto delle nozze quando due giorni prima piantò la fidanzata. Si è poi regolarmente sposato con un’altra. Ora ama Madama.

U come UFO. Prendete un Ufo con una faccia simpatica ma tosta, metà brasiliana, metà sioux, fatelo di tungsteno, fornitegli rastrello, fiocina e uncino, caricatelo a molla ed ecco Allan, lo spazzaneve del centrocampo, l’addomesticatore di palloni, l’audace incursore. Fondamentale a Torino per tagliare le gambe a Optì Pobà.

V come VINICIO. Il leone di via Manzoni. Uno che ha segnato sei gol alla Juve, anche una doppietta. L’allenatore di un Napoli che andò a sfidare i bianconeri per lo scudetto.

Z come ZAZA. Il basilisco di Policaro ripreso a 18 milioni, il percussore dell’ultimo assalto, l’ultima cartuccia, se lo conosci lo eviti.

fonte:ilmattino

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