Intervistato ai microfoni di Giovanissimicampioni.it, Arrigo Sacchi, storico allenatore ed ex Coordinatore tecnico delle Nazionali Giovanili, ha parlato dello sviluppo dei settori giovanili nel nostro paese. Il pensiero dell’ex allenatore del Milan rispecchia quella che è la situazione del calcio italiano dove, seppur con una crescita minore rispetto agli altri paesi, l’interesse per i ragazzi dei vivai, sta notevolmente crescendo.
Buongiorno Sig. Sacchi, come pensa che si stia sviluppando il concetto di “giovanili” nel nostro paese? Siamo al passo con il resto d’Europa?
“Il nostro problema è che siamo indietro come organizzazione ed interesse. Nelle nostre scuole calcio si insegna un calcio non adatto ai ragazzi così giovani come possono essere quelli dell’ Under15, troppo difensivo. Sono poche le società che si impegnano ad avere un’organizzazione. Le altre sono troppo indebitate per investire tempo e denaro nei ragazzi. La gestione dei vivai dovrebbe essere affidata a persone specializzate e competenti, del resto il loro ruolo è quello di insegnare e crescere dei ragazzi molto giovani. Un altro problema presente nel nostro paese è quello delle strutture di allenamento: le nostre sono troppo obsolete e poco idonee all’obiettivo. Diversa, invece, è la situazione delle nazionali giovanili. Il gruppo di lavoro della Federazione è molto bravo, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Il nostro processo di crescita è (e sarà sempre) meno veloce rispetto a quello degli altri paesi. Prendiamo la Germania. Nel 2000, quando hanno visto che il calcio si avviava pian piano verso la deriva, hanno obbligato le società ad organizzare delle Academy per aiutare e migliorare lo sviluppo dei giovani calciatori. In seguito sono stati aperti dei centri specialistici per allenatori. Sono stati aperti 14 centri in tutta la nazione per favorire questo processo di miglioramento, cosa che da noi è impensabile. Il tutto è stato reso possibile anche dalla disponibilità delle diverse società: hanno ascoltato gli input della Federazione e, nel giro di pochi anni, sono tornati ad essere una potenza mondiale. Da questo punto di vista noi siamo molto indietro.”
Questo non accade solo in Germania. E’ un processo che coinvolge molti paesi. Noi siamo gli unici ad essere indietro?
“In Svizzera, ad esempio, i ragazzi facevano 200 giorni di allenamento per le nazionali, cosa che da noi è impensabile. Mi ricordo di aver assistito ad alcune partite dell’Under16 dove ci massacravano. Questo non significa che da noi i giocatori sono scarsi, tutt’altro; significa semplicemente che con la pianificazione e la meticolosità le cose riescono semplicemente meglio. Questo succede in moltissimi paesi. In Germania, Inghilterra, Spagna, Olanda e Belgio l’attenzione ai settori giovanili è quasi maniacale. Le Federazioni hanno imposto una maggiore attenzione a questi, e il risultato è stato davvero sorprendente. Al momento noi non abbiamo una così elevata attenzione verso i ragazzi più giovani.”
Questo processo si riscontra anche nella Nazionale maggiore? O è limitato ai giovani?
“Penso che la nostra nazionale sia condotta da un grandissimo allenatore e formata da un gruppo di calciatori molto validi. E’ evidente, però, che il livello di stranieri nel nostro campionato sia di gran lunga maggiore rispetto agli altri. In Serie A c’è il 53% degli stranieri, all’estero le percentuali sono del 15/20%. Io sono d’accordo con la presenza di giocatori di altri paesi nei nostri campionati, ma devono essere meno e, soprattutto, forti. Da noi ci sono molti giocatori che tolgono spazio a giovani talenti italiani. Da questo punto di vista è normale che alcuni si brucino prima del tempo. Bisogna saper concedere il giusto spazio ai giovani del nostro paese, solo così la Nazionale continuerà ad essere competitiva.”
Fonte: GiovanissimiCampioni.it
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