Lì nel mezzo a dirigere i compagni più esperti con personalità, voglia di emergere e potenzialità da fuoriclasse. In appena 4 mesi Stefano Sensi ha stregato tutti. In Serie A si è scatenata un’asta per lui, tutti pazzi per quel centrocampista dai piedi buoni. E Lui? Piedi per terra, l’obiettivo è crescere: “Ho lo stesso atteggiamento che avevo da bambino – dichiara Sensi nel corso di un’intervista concessa a La Gazzetta dello Sport – ma ho sempre lavorato su di me, sulla mia personalità, imparo. Sono sempre stato appassionato, guardavo ogni partita, anche le più sconosciute. Quando gli amici mi chiamavano per giocare a nascondino non scendevo perché in tv c’era il campionato argentino. Non ho mai avuto idoli, però. Fin da piccolo mi interessava il gioco di squadra, mai i singoli. Ora? Beh, guardo Xavi. Ho cominciato a 6 anni. Mi ero proposto per fare il portiere, ma già allora l’altezza non c’era. Poi ho fatto anche delle gare da difensore a 8-10 anni, fino a scoprire la trequarti. Ricordo ancora quando: torneo Esordienti a Montescudo, doppietta alla prima”.
Trequartista o playmaker? Stefano esprime la sua preferenza: “Pure l’anno scorso ho giocato lì e mi sono trovato bene. Ma se mi chiedono cosa sono, rispondo: mediano davanti alla difesa. Non trequartista, né mezzala”. D’estate incanta tutti, a cominciare da Massimo Drago: “Ero del Cesena, mi chiamarono in ritiro e manco me lo aspettavo. Mi dicevo: tre settimane di agonia e poi andrò via, il più presto possibile. Però fin dal primo minuto ho cominciato a dare il massimo. E la leggenda che gira è che dopo un paio di allenamenti l’allenatore è andato dal ds per bloccare la mia cessione. Grazie a lui ho avuto fiducia. Ma i due anni in prestito a San Marino sono stati fondamentali. Passare da uno spogliatoio della Primavera a uno dove i 3 punti contano davvero, con gente che è da 10-15 anni in Lega Pro, ti fa capire cosa vuole dire giocare a calcio. Io poi sono uno che quando perde, e a San Marino abbiamo perso tanto, non dorme. E così sono cresciuto, mi sono abituato a prendere responsabilità”.
Quali caratteristiche deve avere un buon regista? Idee chi are: “Innanzitutto, non è fondamentale l’altezza. Uno può avercela, ma non conta. Contano intelligenza, visione di gioco, sapere dove e come muoversi, capire quando spingere o ‘tranquillizzare’ la palla perché vedi gli altri in affanno. Il mio punto forte è la personalità. Dopo ogni gara mi faccio mettere il video su una chiavetta usb e me lo riguardo. Solo così capisci quando fai le scelte giuste o no”. Inter e Milan già se lo contendono: “I complimenti di Mancini mi rendono orgoglioso. Quando uno che ha vinto quello che ha vinto lui te li fa, non puoi che essere contento. Milan? Al mercato non faccio caso, mi voglio isolare. Penso a fare il mio col Cesena. Un anno di A in una piccola mi farebbe bene, se riuscissimo ad arrivarci col Cesena sarebbe bellissimo. Voglio crescere pian piano: un mattoncino sopra l’altro per fare un muro enorme”.
Punizioni? Lavori in corso: “Non ho un modello, però mi guardo su youtube quelle di Pirlo, di Beckham, di Juninho. Osservo com’è posizionato il piede all’impatto col pallone, come sta il corpo. Poi vado sul campo e ci riprovo. Fare come loro è un’impresa, ma mi sto allenando”. Miglior interprete del ruolo? “Iniesta, innanzitutto. E poi Verratti, che può giocare da mezzala con me. E se ci riuscirò, a giocare con lui, sarà un onore. Numero? E’ stato casuale. Mi piaceva di suo, e poi lo portava Zidane“. Tempo libero tra console e tv: “Sto a casa, guardo partite, gioco alla Playstation. Ma lì niente calcio, ne vedo già troppo: Call of Duty, o Nba. Amo Kyrie Irving, anche se il più forte èStephen Curry. Nel basket come nel calcio gira tutto attorno al play, e adoro quelli che uniscono la fantasia al far giocare bene la squadra”.
Fonte: GianlucaDiMarzio.com
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