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3 maggio 2014, dopo tre anni il ricordo di Ciro Esposito è ancora vivo

Poche ore prima della finale di Coppa Italia con la Fiorentina, Ciro Esposito veniva ferito. Morirà 50 giorni dopo

Roma, domenica 3 maggio, poche ore prima dell’inizio della finale di Coppa Italia Fiorentina-Napoli un corteo di tifosi napoletani percorre viale di Tor di Quinto in direzione dello stadio Olimpico, scortato dalla polizia. All’improvviso, vengono sparati sette colpi di pistola e tre ultrà napoletani cadono a terra. La situazione degenera: migliaia di persone incappucciate assaltano le forze di polizia e distruggono due auto e un blindato. A terra rimane Ciro Esposito, le cui condizioni appaiono subito gravissime. A sparare, un ultrà romanista, Daniele De Santis, 48 anni, che nel 2004 fece sospendere un derby perché diffuse la notizia (rivelatasi poi falsa) che la polizia aveva travolto e ucciso un ragazzino fuori dall’Olimpico.

La partita

Nonostante gli scontri la finale si giocò comunque, ma vi furono grosse polemiche per la trattativa tra la polizia e i tifosi del Napoli, tra cui Genny a’ Carogna, che indossava la maglietta “Speziale libero” (Speziale è l’ultrà del Catania condannato per l’assassinio dell’ispettore capo di polizia Filippo Raciti durante il derby Catania-Palermo del 2 febbraio 2007).

Ciro Esposito, 50 giorni di agonia

Ciro Esposito muore dopo 50 giorni di agonia nel reparto di Rianimazione dell’ospedale Gemelli di Roma, dove era ricoverato. Le sue condizioni si erano improvvisamente aggravate dopo svariati interventi chirurgici che avevano fatto sperare in un miglioramento. Cosciente quasi fino all’ultimo, era poi entrato in coma irreversibile. Esposito è morto “per insufficienza multiorganica non rispondente alle terapie mediche e di supporto alle funzioni vitali”, precisò Massimo Antonelli, direttore del Centro rianimazione del Gemelli, che espresse, a nome di tutto il reparto, “profondo cordoglio e vicinanza ai genitori di Ciro in un momento di dolore per la perdita del proprio figlio”.

Antonella Leardi, la mamma di Ciro

Antonella Leardi ha lottato fino all’ultimo per difendere suo figlio. Piccola di statura, tanto che Ciro la chiamava “la nanetta”, e con una grande dignità, ha colpito l’Italia per la forza con cui ha affrontato gli ultimi giorni di vita del figlio e colpisce ancora per il coraggio con cui continua a parlare di calcio anche dopo l’esposizione di striscioni offensivi e diffamatori contro di lei da parte di alcuni pseudo-tifosi giallorossi.

Fonte: Rai

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