È Supermario, e nessuno può farci nulla per quello che dice (ma anche per ciò che non dice) e per quello che fa. È l’unico intoccabile nella Nazionale, tanto da spingere il ct Prandelli a sottolineare come un Mondiale senza Balotelli sia impensabile. Ma, in fondo, non è altro che un fanciullo in un corpo da adulto, ma di taglia XXL. Un ciclope bambino. «Io vado a Napoli perché il calcio è bello e tutti devono giocarlo dove vogliono e poi c’è la partita!» ha scritto su Twitter Mario Balotelli, commentando la decisione di Prandelli di portarlo a Napoli per l’ultimo match di qualificazione ai Mondiali nonostante la gastroenterite e l’influenza che lo stanno debilitando. In mattinata a Coverciano ha giocato e segnato. Punto e basta. Niente altro. Inutile attendersi di più. Mario ha allegato anche una foto in cui viene equiparato a un simbolo dell’anti-camorra. La speranza che si possa spingere oltre. Ma Mario non lo fa. L’immagine è il massimo che riesce a concedersi a cui aggiunge una risposta semplice ma anche amara. «Io simbolo della lotta alla camorra? Lo dite voi…». Il tweet è parso come una specie di mezzo autogol per il bomber del Milan che questa mattina, sul campo del Quarto per la legalità, sarà sicuramente l’ospite più atteso, il vero idolo di centinaia di ragazzini delle scuole del territorio flegreo ospiti dei comitati antiracket della zona e della procura antimafia. Mario, però non ha voglia di parlare, non intende lasciarsi strumentalizzare dall’evento di stamane e soprattutto non ha nessuna voglia di rispondere a domande sulla camorra. Probabilmente perché i ricordi bruciano ancora. Alla stazione centrale di Napoli, alle sette della sera, Mario decide di evitare microfoni e taccuini come se fossero la peste. «Non parlo», dice con forza e lo ripete. I tifosi napoletani intonato un caloroso «Mario, Mario» e mostrano un cartello con scritto «Un sogno che si avvera, Balotelli la nostra bandiera». Ma Mario rimane cupo e nervoso, sotto le cuffie che lo accompagnano fedelmente. E allora per due volte, si libera dalla morsa della telecamera di Mediaset spintonando e con una manata. Napoli, probabilmente, è una ferita che brucia. Non solo perché è di qui Raffaela Fico, la showgirl madre di una bimba che Mario non ha mai voluto riconosce come sua, ma anche perché una delle ultime volte che venne da queste parti lo fece per rispondere alle domande dei pm anticamorra Parascandolo e Amato che stavano indagando sul riciclaggio dei clan sul lungomare di via Partenope. Un’indagine in cui è emerso che nel giugno del 2010, sarebbe stato protagonista di un giro semi-turistico nel quartiere di Scampia, in compagnia di affiliati a un clan della camorra. Una balotellata. Una ricostruzione che lui ha sempre sdegnosamente respinto: «La droga non la sopporto. Questa storia è gravissima ed è una bugia incredibile. Non capisco perché finisco sempre nel casino. A Scampia ci sono andato con dei miei amici, ma quella è un’altra storia. La storia della droga è incredibile», sbottò seccato a fine maggio per mettere la parola fine a una vicenda in cui ha solo testimoniato senza esserne coinvolto in nessuna altra maniera. Niente altro che un teste nell’inchiesta sul riciclaggio condotta dalla procura anticamorra. Proprio come Maradona, a metà degli anni ’80, immortalato in varie foto con l’allora latitante di camorra Carmine Giuliano. Lui è semplicemente Balotelli, capace di tutto e del contrario di tutto. E di commuoversi di fronte al presidente Giorgio Napolitano, quando la Nazionale è stata ricevuta al Quirinale, di sciogliersi per l’emozione al cospetto di Papa Francesco, di lasciarsi travolgere dai bimbi della favela di Salvador de Bahia che, pare, abbia adottato. E poi di andare in giro con due camorristi per le piazze di spaccio di droga più importanti d’Europa. Sono le contraddizioni di un talento unico nel suo genere, un ragazzo imprevedibile e stupefacente, che fa sempre la cosa che non ti aspetti e la fa come vuole lui.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
A.F.
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