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Trionfo a Roma: sono bastati 25 minuti e Insigne per conquistare la Coppa Italia

Doppia firma del napoletano (e unico italiano in campo in maglia azzurra) sulla vittoria della coppa nazionale

Il meglio del Napoli si è visto nei primi 25′ con un dominio assoluto, trasformato in una gara di contenimento per il resto dell’incontro. Montella le ha provate tutte ma la sua squadra ha tirato troppo poco. E alla fine Mertens ha fornito ancora una volta lezioni di concretezza, fissando il risultato sul 3-1. 

 PREPARAZIONE TATTICA – Se Benitez punta sempre sulla continuità e a Roma ha proposto modulo e giocatori rodati, Montella ama stupire e per la finale di Coppa Italia ha riservato una sorpresa: solo panchina per Matri, niente punte di ruolo e fronte offensivo privo di punti di riferimento per gli avversari. Al fischio d’inizio lo scacchiere viola era visibile: Iličič e Joaquín i due più avanzati, dietro di loro Borja Valero ad occupare il corridoio centrale, ma molto più avanti del suo solito, sia nel pressing che negli inserimenti in fase di possesso. Valero è stato, come di consueto, il perno della strategia di Montella, che lo ha lasciato libero di spaziare in mezzo, arretrando per chiamare palla o gravitando intorno al portatore per offrire appoggio e alternative di fraseggio. Benitez deve essersene accorto subito, ma ha ignorato la mossa del suo collega e rivale, e non ha incaricato nessuno di inseguire da vicino lo spagnolo, anche perché il Napoli ha mostrato presto di non aver voglia dei fronzoli che si concedeva la Fiorentina in palleggio e di puntare dritto al sodo.

I 25 MINUTI DEL NAPOLI – D’altronde, anche Benitez ieri sera aveva il suo faro: Hamšík sembrava più che ispirato e già al 5′ porgeva un assist a Insigne, il cui tiro veniva deviato in angolo da Neto. Sul corner successivo l’occasione era per Higuaìn davanti alla linea di porta, murato con un po’ di fortuna da due difensori viola. L’asse Hamšík-Insigne però era ancora caldo: altri cinque minuti e all’11’ lo slovacco ha condito una discesa solitaria con una finta di passaggio verso Higuaìn e assist al bacio per Insigne, che al secondo tentativo non ha sbagliato, aiutato dal palo interno. Degno di menzione l’intervento da cui è partito il contropiede,  una palla recuperata in difesa da Jorginho con reattività felina. Tre minuti dopo, percussione di Callejòn e cross rasoterra, su cui Rodriguez ha anticipato d’un soffio Higuaìn in scivolata, rischiando l’autogol. Ma al 16′ il Napoli era già 2-0, ancora grazie a Insigne, stavolta servito da Higuaìn nelle vesti di rifinitore. Al 25′ Callejòn, dimenticato da Pasqual, ha avuto tutto lo spazio per calciare da fuori un tiro basso e velenoso, poco lontano dal palo. Fino a questo momento, la Fiorentina aveva esibito un palleggio fine quanto sterile e una difesa vulnerabile e un po’ distratta, mentre il Napoli aveva risposto con un’esibizione di cinismo e un centrocampo molto attento e ben messo in campo.

POI IL BLACK OUT – Dopo il 2-0, la squadra di Benitez è calata in intensità e tonicità, si è abbassata e ha concesso fin troppo possesso alla Fiorentina, che costruiva quintali di gioco ma, comunque, di palle-gol ben poche. Al 28′ però il fulmine a ciel sereno, a riprova che non si scherza col fuoco: i viola cambiano per una volta registro, scelgono la soluzione veloce, in soli due passaggi Vargas si ritrova in solitudine davanti a Reina e deve solo sparare in porta, grazie a un geniale assist no-look di Iličič. Di ghiaccio Henrique e i suoi colleghi centrali, tutti sorpresi dal passaggio a pallonetto dello sloveno. La Fiorentina ci ha creduto, è cresciuta, e al 32′ ancora Iličič ha messo un compagno da solo davanti a Reina, stavolta Joaquín, che però era in fuorigioco. Dopo un tiro di alleggerimento di Higuaìn, un Napoli un po’ sulle gambe ha continuato a concedere molto, e nel finale di tempo solo un altro fuorigioco ha invalidato la rete di Aquilani, anche in tal caso lasciato solissimo dai difensori azzurri.

CRESCITA FIORENTINA – Dopo le difficoltà iniziali, la Fiorentina ha carburato e ha trovato il proprio ritmo, ma soprattutto il proprio schema ricorrente: passaggi alti a scavalcare i centrali (centrocampisti e difensori) del Napoli, per lanciare un solo uomo direttamente verso la porta, sfruttando la velocità di Joaquín, la tecnica di Iličič e la sapienza di Borja Valero. Tutto ciò mentre il Napoli si smarriva un po’, senza ritrovarsi nemmeno nella ripresa, cominciata secondo lo stesso copione: partenopei troppo attendisti e statici, squadra lunga e meno compatta rispetto ai primi minuti; Henrique e Ghoulam spesso inclini ad accentrarsi per dare aiuto ai compagni di reparto, lasciando però troppo spazio sulle corsie agli esterni viola; Jorginho in calo e troppo basso insieme a Inler, entrambi lontani da Hamšík; per Higuaìn, nemmeno l’ombra di un pallone invitante. 

VALZER DI SOSTITUZIONI – Al 55′ sono cominciati i tentativi di Montella. Il primo è stato l’ingresso di Matri per Pasqual, con conseguente arretramento di Vargas. Benitez ha risposto con Mertens, inserito al posto di un Hamšík dolorante alla tibia: per far entrare il belga, l’allenatore non avrebbe potuto rinunciare alla disciplina di Callejòn, e ha schierato Mertens al centro dove agiva proprio Marek, pur avendolo già provato in quel ruolo contro l’Inter con scarsi risultati. Per lunghi tratti, il Napoli non solo non è riuscito più ad imbastire un’azione degna di nota, ma ha lasciato del tutto il pallino agli avversari, pur incapaci di rendersi davvero pericolosi. Al 70′ un momento significativo: mentre usciva Higuaìn, non al meglio, lasciando il posto a Pandev, dall’altra parte Giuseppe Rossi si sfilava la casacca, pronto a tornare sui campi di gioco. Al 73′, Mertens è stato per la prima volta incisivo con un assist per Pandev, lanciato davanti a Neto, ma il macedone si è presentato con un errore, calciando sul portiere. Nell’ultimo quarto d’ora, poi, l’ingenua espulsione di Inler è costata una dose aggiuntiva di sofferenza, che Benitez ha alleviato inserendo Behrami per Insigne. All 82′, approfittando dell’uomo in più, Montella si è giocato l’ultimo cambio in modo offensivo, con Matri al posto di Aquilani. E all’84’ Iličič, fino ad allora fra i migliori, ha avuto la palla per premiare le scelte del suo bravo allenatore, ma l’ha fallita clamorosamente. Così, la lezione di concretezza destinata allo sloveno e a Pandev, protagonisti delle due occasioni più ghiotte della ripresa, è arrivata nel finale da Mertens: servito da Callejòn ormai nei minuti di recupero, Dries ha capitalizzato con freddezza e precisione consuete la sua unica palla-gol, e ha chiuso il match nonostante l’inferiorità numerica del Napoli, regalandosi un motivo in più per gioire con i compagni dopo la vittoria.

Lorenzo Licciardi

 

 

 

 

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