E’ l’anno della verità per Maurizio Sarri che da maestro di provincia può diventare un allenatore di livello internazionale. Alla prima stagione in un club di livello medio-alto è andato oltre le aspettative coniugando le sue idee di calcio con la gestione di un gruppo di giocatori più affermati rispetto a Pucciarelli e compagni. Il suo operato, però, si è scontrato con un solo limite: l’esclusivo ricorso ai titolarissimi, tutti valorizzati da Sarri. La crescita evidente di Hysaj, Jorginho, Insigne, Higuain e gli altri è stata, però, accompagnata dalle difficoltà di Strinic, Gabbiadini, Valdifiori, El Kaddouri e tutte le riserve.
La storia più significativa riguarda Alberto Grassi che è rientrato in prestito all’Atalanta senza mai scendere in campo in gare ufficiali con la maglia azzurra.
I professionisti, per reggere la competitività del mondo del calcio, hanno bisogno di evolversi, aggiornarsi, crescere. Rimanere ancorati alle proprie certezze porterebbe Sarri a non riuscire a mantenere il passo della crescita del Napoli che passa per il lavoro dell’allenatore, la capacità di plasmare l’identità della squadra secondo i propri dettami tattici.
Il ritorno in Champions League spinge Sarri a misurarsi con una novità nella sua carriera: la gestione della rosa con tanti impegni, tutti ad alta intensità, e con pochissimi giorni da dedicare al lavoro quotidiano, agli allenamenti. Lo stile con cui mantiene il campo il Napoli sia in fase offensiva che difensiva ha bisogno di continui esercizi di gioco, di tenuta degli automatismi e, infatti, Sarri nelle interviste si prodiga in una sterile critica all’organizzazione del calcio internazionale. “Non è calcio, è business”, sottolineava Maurizio Sarri qualche settimana fa in conferenza stampa. Il mondo del pallone è cambiato moltissimo sottomettendo sempre di più l’aspetto sportivo alla crescita economica e questa direzione è destinata ad intensificare la sua portata storica piuttosto che a ridimensionarsi. Sarri fa bene ad attrezzarsi per reggere il passo del calcio in cui si gioca ogni tre giorni piuttosto che lamentarsi.
La gestione dell’impegno di Palermo dimostra che l’ha capito inseguendo la strada giusta del turnover, suggerita sin dai tempi del rinnovo del contratto dalla società, in primis dal presidente De Laurentiis. Rispolverare Maggio, valorizzare la capacità propositiva di Zielinski e dare fiducia ad Insigne ha dato entusiasmo a tutto il gruppo che così, complice soprattutto la convincente vittoria, si lancia verso il debutto in Champions League in un clima sereno e felice.
Se Sarri unisce l’abilità riconosciuta da tutti di costruire un perfetto spartito nell’organizzazione del gioco alla conduzione del turn-over, può lanciarsi per un percorso di crescita internazionale, naturalmente dopo aver anche migliorato l’aspetto comunicativo.
La strada è quella giusta, bisogna continuare così e possibilmente anche accelerare nella risoluzione di alcune questioni controverse. La prima è l’enigma Gabbiadini, il limite più evidente ereditato dal mercato che ha consegnato al Napoli una panchina più lunga ma non una rosa completa, come ha giustamente sottolineato Maurizio Sarri. Milik non è Higuain, non può occupare la zona centrale dell’attacco rendendola casa sua a suon di gol come ha fatto il Pipita. Sarri deve sforzarsi per adattare l’identità tattica della squadra alle qualità di Gabbiadini. Il Napoli è già più duttile e polivalente dell’anno scorso, i tre attaccanti sono più stretti, è questa la risposta individuata da Sarri alla cessione di Higuain. Bisogna lavorare sulle chiavi tattiche anche per stimolare il talento di Gabbiadini, rimasto a Napoli dopo che il direttore sporitvo Giuntoli ha trattato Morata, Icardi, Zaza, Kalinic e Pavoletti per cercare di sostituirlo.
La trasferta di Kiev è un test importante in tal senso, Sarri è alle prese con un dubbio: lavorare su Milik per consentirgli di migliorare l’intesa con i compagni o lanciare Gabbiadini, considerando che la tenuta difensiva della Dinamo Kiev potrebbe favorire l’attacco alla profondità dell’attaccante classe ’91. Oltre all’enigma Gabbiadini, c’è la questione dell’inserimento dei nuovi acquisti tra gli impegni a breve termine di Maurizio Sarri.
L’ultima gara ufficiale di Maksimovic risale al 20 Aprile, Diawara ha vissuto un’estate particolare, visto lo scontro diplomatico con il Bologna, e Rog, che, invece, non si è fermato un attimo, ha pochissimi allenamenti con il Napoli nel proprio background tattico. La strada dell’evoluzione è quella giusta, non bisogna assolutamente fermarsi, anzi magari mettere anche il piede sull’acceleratore.
Ciro Troise
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